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Borsa: partenza incerta, ma il 2022 sarà un anno positivo
Il 2022 sarà ancora favorevole per la Borsa, grazie alla domanda rimasta repressa, alla massiccia liquidità in circolazione e alla ripresa dell’economia. A favore anche la riaccelerazione attesa dal Pil cinese. Sul breve, tuttavia, peseranno in negativo l’inflazione e l’andamento della pandemia.
Il 2022 si presenta con tutte le carte in regola per premiare gli investitori sul mercato azionario, anche se nella parte iniziale dell’anno ci saranno alcune sfide di diversa natura (la variante Omicron compresa) che renderanno il cammino piuttosto complesso. Nel prosieguo, tuttavia, i fondamentali torneranno a dominare la scena: l’economia mostrerà la sua forza, per entrare nel 2023 con un rimbalzo. Lo prevede Nikolaj Schmidt, capo economista di T. Rowe Price, sottolineando come i mercati tendano a non guardare lontano, mentre si concentrano sui dettagli delle sfide imminenti. Ma perché pensa che quest’anno finirà bene per l’azionario?
Vasta domanda repressa, ma attenzione all’inflazione
In primo luogo, perché vede l’economia (soprattutto quella al di fuori degli Usa) con una vasta domanda repressa e perché, allo stesso tempo, la politica monetaria resta favorevole ai mercati. Inoltre, come conseguenza del ripagamento dei debiti degli ultimi 10 anni da parte delle famiglie e dell’ampia spesa pubblica durante la crisi pandemica, il settore privato poggia su una base molto solida. La vera linea di demarcazione in questo momento, secondo Schmidt, è l’inflazione, che ha toccato livelli superiori alle attese. Un fattore da seguire per tenere sotto controllo le spinte sui prezzi è la partita sulle catene di approvvigionamento.
Un segnale positivo dal mercato dell’auto
L’indicatore più ovvio, in questo senso, è l’andamento del mercato dell’auto, dove nell’ultimo anno e mezzo le vetture usate sono rincarate in media di quasi il 50%. Ma anche i dati sulle vendite vanno nella stessa direzione: indicano che, secondo l’esperto, non ci troviamo in una fase di recessione né di surriscaldamento dell’economia, ma che semplicemente ci sono dei problemi sul lato dell’offerta (leggi la carenza di disponibilità dei chip o rallentamenti nell’assemblaggio). Per esempio, da febbraio 2019 all’autunno 2021 la produzione di auto tedesca si è ridotta del 50% circa, per poi risalire del 40% tra ottobre e novembre.
L’effetto locomotiva della Cina
La chiave di lettura più comune è che man mano che questi problemi ai rifornimenti verranno meno, calerà in sintonia anche la pressione inflativa. Tuttavia, un’altra sfida per la crescita oggi è rappresentata dalla Cina, che lo scorso anno ha sfruttato il ritorno della crescita per avviare una serie di riforme. Pechino ha segnalato chiaramente di volersi concentrare sulla crescita e, di riflesso, l’economista si aspetta una curva del ciclo più stabile e più forte rispetto al passato. Ciò sarebbe una buona notizia, ma c’è la possibilità che il percorso non sia privo di ostacoli. In particolare, bisogna considerare il lavoro necessario per ridurre il debito del settore immobiliare del Paese.
La minaccia della piena occupazione negli Usa
Questo scenario positivo non è immune da rischi e in particolare dalla minaccia rappresentata dal mercato del lavoro statunitense. Oltreoceano, infatti, le pressioni per un aumento dei salari sono state molto più forti del previsto nel 2021 e sono emersi timori di un eventuale surriscaldamento del mercato del lavoro. Se gli Usa avvicineranno la piena occupazione ci sarà il rischio di ritrovarsi in una fase più avanzata del ciclo rispetto a quanto previsto e l’aumento della domanda dei consumatori porterà a salari e inflazione più elevati e non a una ripresa più solida. Per ora non ci sono segni di questo pericolo. Tuttavia, pur con un contesto solido dell’economia, Schmidt è preoccupato perché, anche prima dell’emergere di Omicron, la crescita si stava correggendo.
La strada verso un aumento dei tassi potrebbe essere breve
Dietro al rallentamento della crescita, più evidente nella seconda parte dell’anno, ci sono diversi fattori: dalla crisi nelle catene di approvvigionamento alle condizioni fiscali meno favorevoli, all’impennata dell’inflazione. Quest’ultima, per gran parte dovuta al rincaro dell’energia, sta limitando il potere d’acquisto. Intanto i mercati hanno dovuto fare i conti con il cambio di marcia delle Banche centrali e questo significa che il centro del sistema finanziario mondiale ritiene necessario ridurre prima, e in modo più aggressivo, il suo programma di acquisto di asset e che la strada verso l’aumento dei tassi potrebbe diventare breve.
La vera svolta dipenderà dalla pandemia
In conclusione, secondo Schmidt, per gli asset sensibili alla crescita, come le azioni, questo significa che l’inizio del 2022 potrebbe vedere forti oscillazioni, con i mercati che dovranno capire le implicazioni sia della variante Omicron sia di una Fed più nel ruolo di falco. Via via che il quadro diverrà più chiaro e che ci si renderà conto che le problematiche alle catene di approvvigionamento sono vicine alla risoluzione, l’economista si aspetta un cambio di prospettiva, con la narrativa di una crescita di lungo termine che tornerà a essere dominante. Quando avverrà il cambio di passo? È probabile che questo comincerà quando si sapranno quali restrizioni i principali Paesi europei e gli Usa metteranno in atto per contenere il virus.