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Crisi bancaria: uno sguardo al passato per capire il futuro
La recente crisi delle banche medie e piccole Usa ha molte analogie con quella delle Savings and Loans esplosa a fine anni 80. Oggi, tuttavia, il sistema è molto più difeso da eventuali choc e maggiormente capitalizzato. Unica possibilità per frenare la fuga dei depositi è la riduzione dei tassi.
Il recente sconquasso subito dal settore bancario ha fatto sorgere negli investitori molti interrogativi circa la tenuta dell’intero sistema finanziario e l’impatto sull’economia reale che può avere questa situazione. Un confronto con le crisi che in passato hanno interessato il mondo della finanza, secondo Ruben Hovhannisyan e Laird Landmann, rispettivamente managing director e generalist portfolio manager co-director fixed income di TCW, può essere utile. Si parte con una premessa: tutte le recessioni e le conseguenti riduzioni della leva finanziaria, pur avendo catalizzatori e circostanze uniche, hanno avuto negli ultimi decenni un tema in comune, un significativo mal-investimento in un particolare settore, con conseguente bolla che - alla fine - è esplosa quando la Fed ha iniziato ad alzare i tassi d’interesse.
Un po’ di storia
Sono stati i casi della crisi finanziaria globale (provocata da una bolla immobiliare), di quella delle Dot-Com (preceduta da anni di investimenti esuberanti nell’high tech, che hanno spinto il NASDAQ ad altezze astronomiche) e anche di quella delle Savings and Loans (S&L) di fine anni '80 (anticipata da una rapida e imprudente crescita dei prestiti da parte delle istituzioni S&L). I due esperti ritengono che gli eventi e le dinamiche che hanno dato origine, negli Stati Uniti, alla recente volatilità delle banche di piccole e medie dimensioni presentino interessanti analogie, anche se su scala più ridotta, con quelli che hanno portato alla crisi delle S&L negli anni Ottanta. Tuttavia, notano anche alcune importanti differenze che dovrebbero limitare la gravità delle potenziali ripercussioni questa volta.
Le analogie col terremoto S&L
La crisi delle S&L è stata la conseguenza degli aumenti dei tassi decisi dalla Fed, volti a combattere l'inflazione dilagante dovuta agli shock dei corsi petroliferi (anni ’70). La stretta creditizia portò a ingenti perdite tra le S&L, dove circa l'80% degli attivi era costituito da prestiti ipotecari concessi a tassi fissi molto bassi. Per mantenere i depositi, le S&L furono costrette ad alzare i tassi, il che aggravò il disallineamento tra attività e passività e le perdite subite. Oggi, una conseguenza ovvia degli eventi delle ultime settimane è un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie in un momento in cui le banche hanno già ridotto il credito in tutti i canali. Data l'importanza delle piccole banche per l'economia Usa, questa ulteriore riduzione del flusso di credito contribuirà a una decelerazione dell'economia in generale.
I piccoli istituti sono i più vulnerabili
Mentre le grandi banche, che dopo la crisi finanziaria globale sono state oggetto di una serie di normative più restrittive, non rappresentano oggi una fonte di preoccupazione, i piccoli istituti sono più vulnerabili a causa della maggiore sensibilità dei loro tassi di deposito ai tassi a breve termine e, soprattutto, a causa delle loro esposizioni concentrate ai prestiti CRE (Immobiliare Commerciale). In un contesto di repressione finanziaria e di bassi tassi di capitalizzazione che hanno gonfiato gli asset, le piccole banche, secondo i due esperti, hanno coperto una quota esagerata di prestiti CRE negli ultimi sette anni. Sicuramente il sistema bancario odierno, più forte e meglio capitalizzato, è in grado di resistere allo stress, ma la combinazione di più esposizioni su strumenti in stress ha portato e porterà alla fuga dei depositi.
La differenza: oggi il settore è meglio capitalizzato
Ci sono comunque rilevanti differenze tra i due episodi che questa volta dovrebbero portare a esiti meno drammatici. Il settore, in particolare le grandi banche sistemiche, è meglio capitalizzato. Inoltre, i problemi accusati negli anni '80 sono stati amplificati dalla deregolamentazione governativa, che ha permesso alle S&L ‘zombie’ di rimanere in attività e di fare prestiti rischiosi che hanno aggiunto danno al danno. Hovhannisyan e Landmann, ammettendo di non poter prevedere le mosse, dunque sulla base della retorica ufficiale ascoltata finora, prevedono maggiore regolamentazione per le banche di piccole e medie dimensioni, nonostante qualche episodica riscrittura delle regole per salvarne alcune. Inoltre, qualsiasi nuova attività di regolamentazione sosterrà con tutta probabilità i depositanti e i creditori a scapito degli azionisti.
La riduzione dei tassi è il migliore salvagente
Negli Usa sono state adottate finora azioni mirate a convincere l'opinione pubblica di avere il pieno controllo della situazione. La Fed ha istituito uno strumento di deposito collateralizzato a condizioni favorevoli per banche sottoposte a stress patrimoniale e a fuga di depositi. Sebbene sia un'utile soluzione di liquidità a breve termine, i due esperti non vedono come questa mossa possa permettere alle banche in difficoltà di sostituire i depositi a basso costo con gli attuali alti tassi e, di riflesso, migliorare la loro solvibilità delle banche. Nonostante Fed (e Bce) assicuri di avere ancora molte altre frecce capaci di arginare la crisi, Hovhannisyan e Landmann continuano a osservare la fuga di depositi dalle banche medio-piccole e un'alta volatilità nelle valutazioni azionarie delle stesse banche. Purtroppo, sostengono, in assenza di riduzioni dei tassi, potranno solo temporaneamente prevenire lo stress nel settore dell’immobiliare commerciale.