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I dazi fanno male al Nasdaq
Secondo molti money manager, la vera essenza della guerra commerciali tra i due giganti si troverebbe proprio nelle pieghe del business delle grandi compagnie tecnologiche. Il comparto dei semiconduttori chiuderà a maggio il mese peggiore degli ultimi undici anni.
Le tensioni commerciali tra la Cina e gli Stati Uniti hanno trovato nel settore tecnologico il loro cavallo di battaglia prediletto. Anche se lo scossone più forte derivante dalle tensioni commerciali si è focalizzato sulla decisione di Google di restringere l’accesso ai dispositivi prodotti dalla cinese Huawei al suo sistema operativo Android e a suoi servizi mobile, la discesa delle quotazioni ha interessato l’intero comparto. Per ora gli Usa hanno concesso al colosso cinese un periodo di 90 giorni per correggere il tiro.
Da quando Donald Trump ha annunciato l’incremento dei dazi applicati alle importazioni di prodotti cinesi, l’indice Nasdaq dei titoli tecnologici ha ceduto il 4,5% e a maggio ha collezionato ben dodici sessioni in negativo su un totale di quindici. Anche l’indice messo a punto da Bloomberg per seguire da vicino l’andamento del comparto tecnologico accumula una perdita del 5,85%.
Tuttavia, non tutte le compagnie tecnologiche perdono terreno a causa della guerra commerciale. Nel gruppo dei più castigati troviamo i fabbricanti di semiconduttori. Negli Usa questo comparto accumula una perdita del 13,3% e si appresta a chiudere il mese peggiore da quando è iniziata la crisi del 2008. Le società statunitensi IPG Phoyonics, Skyworks Solutions, On Semiconductor e Micron Technology sono state le più danneggiate con perdite comprese tra il 17,4% e il 21%. A queste si sommano le cinesi Sanan Optoelectronics (che cede il 4,5%), Alibaba Health Information (che accusa una caduta del 17,7%) e la tedesca Infineon con un calo del 17,3%.
Sul versante opposto si posizionano le società specializzate nello sviluppo dei software. In evidenza le performance delle statunitensi Atlassian (14,7%) e Coupa Software (9,2%). Risultati positivi sono stati conseguiti anche dagli operatori di rete come la statunitense Amdocos (10,8%), l’australiana Xero (9%), specializzata in sistemi per la contabilità, la svizzera Tememos (5,73%) e le britanniche Micro Focus (8,9%) e Sage (5,82%).
Le Faang, le società tecnologiche che hanno conquistato la scena negli ultimi anni, hanno perso nel periodo circa 200 mld di usd di capitalizzazione di borsa. In cima alla lista troviamo Apple. Il fabbricante di iPhone ha perso l’11%. Il potenziale calo delle vendite dell’iPhone in Cina viene considerato un fattore di rischio per la prossima trimestrale del colosso nordamericano. Gli analisti del settore sostengono che il ritardo nella costruzione delle infrastrutture destinate al 5G in Cina (diretta conseguenza delle misure adottate dalle autorità Usa contro Huwaei) comporterà l’impossibilità di lanciare sul mercato asiatico un iPhone 5g nel breve termine.
Subito dietro Apple troviamo il gigante della distribuzione Amazon (-5,3%), Facebook (-5%), Alphabet (5%) e Netflix (-7,7%). Fuori dal gruppo delle Faang si fa notare la perdita accusata dal fabbricante di processori Qualcomm (-12,4).