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Radar Swg: la fase 2 partita con molte incertezze
Il 18 maggio l’Italia è uscita quasi del tutto dal lockdown. L’entrata nella ‘fase 2’ tuttavia non ha comportato il totale rasserenamento dei cittadini, i quali hanno sì meno timori del contagio del virus (la percentuale dei ‘molto preoccupati’ è scesa al 29% nella settimana al 10 maggio dal 35% della settimana precedente), ma resta elevata (al 50% dal 51%) la loro apprensione circa le conseguenze sull’occupazione. È quanto emerge dall’ultimo ‘Radar’ di Swg su come la crisi legata al Covid-19 sta modificando i comportamenti e gli atteggiamenti dei consumatori nel Paese.
Cala il timore di intaccare i risparmi
In un quadro emotivo immutato e dominato da un’incertezza che cresce ulteriormente, si è comunque ridotto il pessimismo per la situazione economica e sono diminuite le paure circa la necessità di utilizzare i risparmi per coprire le spese quotidiane. La quota di chi pensa di essere costretto a intaccare quanto messo da parte è infatti scesa al 56% (60%), così come nella stessa direzione si sono mosse le percentuali di chi teme di non riuscire a rispettare i pagamenti (al 37% dal 38%) ed essere costretti a chiedere un prestito (al 27% dal 29%). In questo ambito è da sottolineare anche il lieve calo (al 58% dal 61%) di chi crede che l’economia non riuscirà a riprendersi per molto tempo.
Il senso di sicurezza nei mezzi pubblici è ai minimi
Con la partenza della ‘fase 2’ è aumentato tra gli italiani il senso di sicurezza a uscire di casa (al 57% dal 53%), così come è cresciuta la quota di chi pensa che il Paese sia pronto per ‘ripartire’ (al 55% dal 51%), benché rimanga alta la percentuale (stabile al 62%) di chi ritiene che non ci siano ancora le condizioni di sicurezza necessarie per riaprire tutte le attività. Il senso di sicurezza nell’utilizzare i mezzi pubblici è nel frattempo ulteriormente sceso (al 15% dal 17%), mentre è aumentato quello nel fare la spesa al supermercato (al 45% dal 43%).
Difficile accettare la mancanza di socialità
Anche con l’uscita dal lockdown, e pur rimanendo vivo il timore di contrarre la malattia, è difficile per gli italiani accettare l’idea che la vera ‘normalità’ sia ancora lontana (61%) e, in particolare, non poter più fare determinate cose come viaggi, andare al ristorante o al cinema (35%). Pesa in questa nuova fase soprattutto la mancanza di socialità (39%), il contatto fisico (48%), non poter andare in altre regioni (30%). Alcune categorie manifestano poi criticità specifiche: i ceti sociali più deboli sono particolarmente preoccupati per la prospettiva economica, i genitori sono in apprensione per come riusciranno a gestire i figli (13%). In tale situazione le aspettative nei confronti delle istituzioni sono elevate. Emerge innanzitutto una forte richiesta di snellire la burocrazia (48%) al fine di rendere le misure più efficaci, ma ci si aspetta anche interventi per prevenire una seconda ondata (39%) e vi è una forte consapevolezza che le imprese abbiano necessità di supporto da parte dello Stato (37%).
Lo shopping partirà al rallentatore
La tanto attesa riapertura dei negozi non porterà subito la ressa davanti alle vetrine: un terzo degli italiani, infatti, esclude di fare shopping nell’immediato e quattro su dieci prevedono comunque di diminuire la spesa rispetto a quanto era di abitudine nel pre-emergenza. Dietro a questo comportamento prudente, secondo la ricerca di Swg, ci sono diversi motivi: soprattutto perché le persone hanno perplessità sul piano della sicurezza (27%), ma anche perché prevedono lunghe file (23%) o per via di un calo delle proprie disponibilità economiche (20%). In ogni caso le riaperture più attese sono state quelle di parrucchieri ed estetiste (in modo marcato tra le donne anziane), seguiti dai negozi, soprattutto di abbigliamento, ma anche di articoli per la casa, cosmetici ed elettronica.
Dell’afflusso limitato di clienti potrebbero risentire in particolare i negozi più piccoli, dato che vi è una maggiore propensione a recarsi nei centri commerciali (38%) o nei grandi esercizi (33%). Anche per la riapertura di bar e negozi c’è molta attesa, dato che poco meno della metà non gradisce sostituirli con le pratiche del delivery o dell’asporto.