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Tassi: potrebbero essere tagliati prima del previsto
La risposta dell’economia mondiale al Covid è stata insolita e, dopo lo sprint del primo semestre, all’orizzonte intravede alcuni rischi: dal rincaro del petrolio all'erosione del potere d'acquisto e al previsto calo della domanda di case negli Usa. Inoltre, l’Eurozona è prevista in recessione.
Le molte chiavi di lettura fornite dall’inizio dell’anno sulle prospettive della crescita economica mondiale possono facilmente ricondurre a un mercato schizofrenico. A gennaio veniva dato per certo un atterraggio duro, poi le valutazioni sono virate verso un atterraggio morbido e, nell’ultimo periodo, si è arrivati a parlare addirittura di ‘nessun atterraggio’. Vale a dire, spiega Nikolaj Schmidt, chief international economist di T. Rowe Price, che per rallentare la crescita economica in modo che possa consentire all’inflazione di tornare all’obiettivo ufficiale del 2%, le principali Banche centrali dovranno inasprire ulteriormente la politica monetaria. Dal suo punto di vista, invece, la narrazione originaria dell’atterraggio duro resta quella corretta e gli Istituti dovranno allentare la presa prima e non dopo.
I tre fattori che hanno dopato la ripresa
Non si può negare che la crescita dell’economia abbia segnato una notevole ripresa nel primo semestre, ma questo non comporta certezze che la congiuntura globale sia significativamente resiliente per affrontare senza problemi un aumento dei tassi d’interesse. La ripresa, secondo l’economista, è stata guidata da tre potenti forze che hanno solo temporaneamente allentato le condizioni finanziarie, ma che presto sono destinate a svanire. In primo luogo, nella prima parte del 2023 l’inflazione statunitense e quella globale hanno sorpreso al ribasso. In secondo luogo, c’è la rapida ripartenza della Cina (assieme a una maggiore apertura burocratica e dell’edilizia residenziale). In terzo luogo, il brusco affievolimento della crisi energetica nell’Eurozona.
Comportamento insolito dell’economia a causa del Covid
L’insieme di questi tre fattori hanno in pratica portato i mercati obbligazionari e azionari a descrivere un vero e proprio rally. La risposta economica a queste condizioni è stata comunque insolita: il settore manifatturiero è rimasto debole mentre i servizi hanno conosciuto una forte ripresa. Le recessioni tradizionali minano invece la domanda di beni, causando la debolezza del manifatturiero, che ritrova la vivacità dei consumi repressi quando le condizioni finanziarie si allentano. Nel caso della recessione di matrice pandemica, c’è stato un boom insolito del comparto manifatturiero e una flessione marcata nei servizi. Il rimbalzo che è seguito di questi ultimi, secondo Schmidt, è quindi da attribuire alla natura atipica della crisi pandemica, anziché a un cambiamento strutturale che c’è stato nell'economia.
Politica monetaria su uno scenario troppo favorevole
Questo punto merita una riflessione. Dietro la resistenza mostrata dall’economia all’aggressivo rialzo dei tassi c’è stata dunque la forte ripresa del settore dei servizi, ma questo – che è intensivo in termini di forza lavoro – è anche quello poco reattivo alle variazioni della politica monetaria. E la situazione cambierà di nuovo. Secondo l’esperto ci stiamo avvicinando a grandi passi al momento in cui la domanda per i servizi tornerà al suo livello naturale. Senza contare, aggiunge, che le famiglie statunitensi hanno quasi esaurito i trasferimenti governativi legati al Covid. Perciò, quando queste dinamiche si esauriranno, ci potrebbe essere un marcato rallentamento. In altre parole, potremmo scoprire che la politica monetaria è ora calibrata su uno scenario con forti venti favorevoli, ma questi venti stanno per smettere di soffiare.
I rischi all’orizzonte
La svolta potrebbe essere vicina, visto che le forze favorevoli stanno svanendo. Tra queste, Schmidt mette il recente rincaro del petrolio, l’aumento dell’inflazione complessiva e l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie. Gli altri presupposti non sono incoraggianti. L’esperto, infatti, si aspetta negli Usa un calo della domanda di case (con i tassi sui mutui tornati sopra i livelli di ottobre 2022). Ritiene inoltre che la spinta derivata dalla riapertura cinese si sia già esaurita. L’esperto suddivide in tre gruppi le principali economie: dalla crescita in Cina piuttosto attenuata all’Europa, che si sta avviando rapidamente verso la recessione (con un forte indebolimento dei mercati del lavoro nei prossimi trimestri). Poi ci sono gli Usa, la cui economia rimane la più forte e ha ancora terreno da percorrere.
Le attese per i mercati
Se questo scenario dovesse verificarsi, secondo Schmidt, potremmo ben presto liberarci dell’idea che l’economia possa funzionare bene anche col tipo di stretta monetaria che è stata adottata finora. E, aggiunge, quando la crisi si farà sentire e la crescita sorprenderà al ribasso, potremo vedere un calo sostanziale dei tassi d’interesse. Azione che sarà probabilmente accompagnata dall’inversione delle curve, con gli investitori che tenderanno di anticipare misure monetarie più accomodanti. Ci sono prospettive meno favorevoli per l’azionario, poiché i profitti tendono a soffrire con la crisi e a crescere con la ripresa. Nel valutario è visto ancora sugli scudi il dollaro, sostenuto dalla crescita interna, dai tassi più alti e, praticamente, dall’assenza di concorrenza, in attesa di risposte più efficaci da Eurozona e Cina.