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La gestione attiva si reinventa per sopravvivere
Quella tra Henderson Global Investments e Janus Capital è solo la punta dell’iceberg. Il consolidamento potrebbe diventare una strada a senso unico per molti player dell’industria del risparmio gestito
Le società di gestione del risparmio stanno pensando a come reinventarsi. Con la prospettiva di avere a che fare con un lungo orizzonte temporale caratterizzato da tassi bassi, i costi di gestione annui domandati ai sottoscrittori non possono mantenersi su livelli tali da giustificare strutture aziendali complesse e sottodimensionate. A questo si somma la concorrenza, sempre più forte, della gestione passiva –basata sull’offerta di veicoli che replicano i indici azionari o obbligazionari.
Le opzioni d’investimento offerte dalla gestione passiva riescono oramai ad abbracciare quasi tutti gli ambiti dell’universo finanziario a costi nettamente inferiori rispetto a quelli mediamente caricati ai sottoscrittori di fondi a gestione attiva. Questo trend sta mettendo sotto pressione i guadagni di molte società. Una delle formule prescelte per combattere la morsa di tassi bassi e competitors passivi è l’aumento delle dimensioni aziendali. La settimana scorsa la società di gestione britannica Henderson e la statunitense Janus Capital hanno comunicato l’intenzione di fondersi.
L’operazione darà vita a un gruppo con 285.000 mln di euro in gestione. In questo modo le due società cercano di dare nuova linfa alla crescita degli assets in gestione e far ripartire la crescita degli utili mediante sinergie che dovrebbero essere in grado di produrre 110 mln di usd. Il nuovo gruppo risultante dalla fusione si chiamerà Janus Henderson Global Investors, e avrà un valore di mercato di circa 6.000 mln di usd.
La fusione sarà completata nel secondo trimestre del 2017. La nuova società avrà la residenza fiscale nel Regno Unito e sarà quotata presso la Borsa di New York. Il 54% degli assets in gestione si trova nel mercato Usa, il 315 in Europa e Medio Oriente e il 15% in Asia. Gli introiti congiunti supereranno la soglia dei 2.200 mln di usd e gli utili ante-imposte sommati agli ammortamenti (Ebitda) supereranno i 700 mln di usd.
L’impatto delle politiche monetarie ultraespansive è più evidente per le banche e le compagnie di assicurazioni, ma le società di gestione saranno coinvolte negativamente dal trend nel lungo periodo. Negli ultimi mesi, la stessa Bce ha lanciato l’allarme sull’impossibilità –per molti fondi comuni monetari- di offrire un trend crescente del valore della quota a causa della maggiore incidenza delle commissioni di gestione rispetto alle cedole potenzialmente incassabili.
In questo scenario, la concorrenza della gestione passiva è diventata temibile. Negli Stati Uniti, oltre un terzo del denaro canalizzato attraverso i fondi comuni è destinato a strumenti indicizzati, che generano commissioni sensibilmente più contenute rispetto agli strumenti della gestione tradizionale.
La fusione tra Henderson e Janus Capital è probabilmente la punta dell’iceberg di un lungo processo di concentrazione che coinvolgerà gran parte dell’industria del risparmio gestito in tutto il mondo. Gli analisti si aspettano che nei prossimi mesi siano annunciate altre operazioni tese al consolidamento del settore.
Nel Vecchio Continente, UniCredit sta cercando acquirenti per la sua casa d’investimenti Pioneer. Dopo l’insuccesso dell’accordo di fusione con Santander Asset Management, diverse società hanno mostrato interesse per la casa d’investimento che ha sede a Dublino. Tra i candidati principali troviamo le Assicurazioni Generali, la casa d’investimento transalpina Amundi (controllata da Credit Agricole) e un consorzio guidato da Poste Italiane.