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Una tempesta perfetta si abbatte sulla Borsa Usa
La giornata di ieri è stata segnata dal crollo del titolo bancario Wells Fargo, dopo che la Fed ha deciso di porre dei paletti al piano di espansione del gruppo a causa di una condotta non proprio irreprensibile (scandalo dei dati di bilancio che si sono rivelati falsi).
I piani del gruppo bancario sono sospesi fino a quando non ci saranno segnali evidenti che confermino il passaggio a una gestione più trasparente. I titoli del settore petrolifero sono stati coinvolti dall’onda di ribassi a causa della correzione delle quotazioni petrolifere (il West Texas ha perso il 2% in poche ore).
Le vendite hanno subito un’accelerazione nelle ultime ore di negoziazione in scia al cocktail negativo formato dal castigo di Wells Fargo, dalle nuove aspettative per l’inflazione, dalla leggera inversione di tendenza dell’usd, dai flussi diretti verso il mercato obbligazionario e dall’applicazione degli stop loss fissati dagli operatori.
Per quanto riguarda il Dow Jones (che non ingloba il titolo Wells Fargo), le cadute più pesanti hanno riguardato Boeing ed Exxon con cali vicini al 5,7%. Altri otto titoli facenti parte dell’indice perdono più del 5%. Apple è tra i titoli che perdono meno con un -2,5%.
Il panico dell’ultima ora di contrattazioni è il responsabile del tracollo del Dow Jones, arrivato nel pieno della stagione delle trimestrali. L’indice ha innescato una retromarcia che lo riportato ai livelli raggiunti a dicembre 2017. Il timore è ovviamente che la pubblicazione dei dati di bilancio non sia in grado di compensare il fatto che le quotazioni viaggiano su valori e ratio superiori alla media storica.
La giornata buia per l’equity Usa si verifica nel primo giorno da nuovo governatore della Federal Reserve per Jerome Powell. La banca centrale Usa viene additata tra i principali responsabili dell’aumento della tensione tra gli investitori, dopo che nell’ultimo board presieduto da Janet Yellen il focus si era spostato sulle attese per un’accelerazione dell’inflazione –che dovrebbe superare il target inflation fissato dalla Fed al 2%- nel corso del 2018. Si è trattato di un cambio di rotta poco abituale per incontro che solitamente segna il passaggio del testimone.
Gli operatori di mercato credono ora che l’economia statunitense stia per surriscaldarsi e che la Federal Reserve sarà costretta ad adottare una politica monetaria più restrittiva e in tempi più stretti di quelli previsti. Per ora gli investitori danno per cosa fatta un rialzo del costo del denaro a marzo.
Il nervosismo visto a Wall Street negli ultimi giorni è sfociato in un’ondata di vendite che ha pilotato l’indice Dow Jones ad accusare la più pesante caduta giornaliera dal 2011. L’indice, composto prevalentemente da titoli industriali e finanziari, ha fatto segnare la retromarcia più intenda in termini di punti, lasciando sul terreno ben 1.175 punti e chiudendo le negoziazioni a quota 24.346. In termini percentuali la discesa è stata del 4,6%, quella dell’indice Standard and Poor’s 500 del 4,1% e quella del Nasdaq del 3,78%.
Il dollaro ha ripreso fiato negli ultimi giorni portandosi a 1,24 versus euro. Gli investitori hanno negoziato volumi considerevoli di Treasury Bond, riportando il rendimento annuo del decennale Usa al 2,7%. L’indice VIX, che misura il livello di volatilità dei mercati azionari, si è portato dai minimi di sempre ai massimi del 2011 in poche sessioni.