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Volatilità da comprare, non da vendere
Le previsioni fatte per il 2018 possono avere ancora un senso dopo la caduta dei corsi di inizio mese? Gli scenari centrali essenzialmente prevedevano la prosecuzione un po' più moderata e con un leggero rialzo della volatilità dei trend dell'anno passato. Erano state anche elaborate alcune eventualità a livello di fondamentali meno probabili, che vedevano essenzialmente ancora un anno di boom, con il dollaro in picchiata. E proprio a quest'ultimo gruppo di previsioni si è chiaramente conformato il primo mese di quest'anno, salvo poi ovviamente invertire clamorosamente, e con una velocità raramente vista sui mercati, quanto fatto fino a quel momento.
Viene naturale chiedersi, quindi, che cosa adesso potrà succedere: in pratica se il mercato ha scaricato solo un po' di tossine, il che potrebbe anche essere una cosa positiva visto il rischio bolla incipiente, o se qualche danno permanente è stato inflitto, in particolar modo alla psiche degli investitori istituzionali.
Per rispondere partiamo subito da una precisazione: in passato avevamo sottolineato quanto il Vix fosse ai minimi e che forse era il caso di coprirsi. Quando è scoppiato il caos sui mercato è venuto fuori che una delle maggiori fonti di instabilità è stata generata dall'uso smodato di Etn che erano corti di Vix, specialmente da parte di investitori non particolarmente in grado di capire i concetti che stanno dietro tale tipo di investimenti. Incidentalmente gli sviluppi recenti hanno rappresentato un prodromo di quanto molti si attendevano da anni. Nello specifico parliamo del fatto che il trading proprietario delle grandi banche d'affari, sia direzionale, sia flow, è diminuito parecchio con quindi meno possibilità per i compratori di opzioni put di rivolgersi a questi interlocutori, di solito sistematicamente corti di questo tipo di opzioni e quindi de facto con una posizione lunga sulla volatilità e sul mercato azionario.
Queste banche d'affari, però, a loro volta si coprivano con grande sofisticatezza nei confronti di vari rischi: l’aumento del panico, il calo delle quotazioni e altri eventi negativi. Il loro posto è stato preso da fondi, sia attivi, sia passivi, come per l'appunto i famigerati Etn inverse volatility. Moltissima attività sui vari mercati finanziari in pratica è stata disintermediata passando da un forte ruolo centrale da banco dei pegni da parte delle grandi istituzioni sell side a scambi diretti fra gruppi buy side come i fondi. Da una parte i portafogli azionari che devono coprire un poco il loro rischio comprando opzioni, dall'altra altri fondi che invece si offrono di prendere sistematicamente il lato opposto.
De facto però ciò toglie un certo grado di diversificazione complessiva al sistema e il fenomeno peraltro non è limitato solo alla nicchia dei derivati di volatilità: ad esempio da anni si parla di una diminuzione della liquidità sul mercato secondario dei bond high yield, con una forte concentrazione nei portafogli degli istituzionali di questi titoli e una loro diminuzione in quella dei market maker.
Morale della favola: è altamente probabile che, per via della peculiare struttura post-crisi che hanno assunto i mercati e a causa della concentrazione di rischi complessi presso investitori non così sofisticati, in futuro avremo correzioni magari non storicamente così violente ma sempre più rapide. E imprevedibili. In un quadro di questo genere per il momento è probabilmente valido il consiglio dato l'anno scorso: approfittare di qualsiasi calo della volatilità per comprarla, a protezione di un mercato sempre più imprevedibile. Visto ciò che sta succedendo, non è il caso raddoppiare i rischi.