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Trump, un nuovo imprevedibile fattore di incertezza per l’It
Lunedì 25 giugno è arrivata l'ennesima dichiarazione di Trump a favore del protezionismo, con ovvie conseguenze sui mercati. In questo caso, però, è stato toccato un tema delicatissimo, praticamente il fulcro del processo di crescita di questi anni. Il presidente americano ha infatti dichiarato di volere stoppare le acquisizioni da parte cinese nell'ambito dell'It in America.
In pratica il rischio di guerra commerciale è andato, per la prima volta in maniera seria, a coinvolgere il maggiore motore di crescita in entrambi i paesi, ossia l'information technology. Quest'ultima, peraltro dipende in maniera fondamentale, forse ancora più di altri comparti, dal libero flusso di capitali. Un conto, infatti, è mettere qualche tariffa su settori dagli scarsi margini di crescita, anche se fondamentali per l'occupazione e la generazione del Pil, quali l'auto. Un altro conto è andare a piazzare un bel bastone in mezzo alle ruote di un segmento che ha fatto della libertà assoluta una delle proprie ragioni di esistere, quanto meno a livello di allocazione dei capitali.
La Cina in particolare ha preso a essere un esportatore netto di capitali da qualche anno, con una particolare enfasi sulle tecnologie più avanzate. Se infatti nel primo periodo dell'avventurismo finanziario cinese all'estero a interessare erano soprattutto deal minerari ed energetici, negli ultimi anni l'attenzione si è spostata su tecnologie pregiate. In poche parole il rischio è arrivare a uno scontro frontale per il controllo del futuro digitale. Da una parte peraltro si può capire anche l'atteggiamento statunitense: ricordiamo infatti che i colossi cinesi della rete operano con la concorrenza straniera tenuta fuori dalla porta.
Il problema è che le legittime rimostranze americane rischiano però di causare problemi immensi: non è un mistero, infatti, che molte aziende non ancora quotate scambino a multipli molto elevati (almeno a giudicare dalle valutazioni offerte dai vari round di raccolta di capitale) e in un momento come questo privare il complesso tecnologico Usa di un’importante fonte di capitale non è esattamente consigliabile.
Se infatti la tecnologia dovesse cominciare a cedere, è quasi pleonastico specificare che non rimarrebbero molti appigli al mercato.
Ma gli annunci di Trump in questo senso hanno un merito: fare comprendere agli investitori che le guerre commerciali, che sembravano legate solo a settori considerati moribondi o molto obsoleti dell'economia (acciaio, alluminio, auto…), in realtà possono andare a intaccare la più avanzata delle new economy molto rapidamente.
Se aggiungiamo poi che il complesso della Silicon Valley non è esattamente (a torto o a ragione) percepito come simpatizzante di un presidente percepito (a torto o a ragione) come vendicativo, allora non possiamo fare a meno di concludere che da oggi nel settore growth per eccellenza del mondo vi è un nuovo, imprevedibile fattore di incertezza.