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Stretta autunnale per la Fed
Come da attese, il Fomc ha alzato il range dei tassi di 25 punti base, portandolo a una forcella del 2-2,25%. Un ulteriore rialzo sembra inoltre scontato a dicembre, con 12 dei 16 membri del comitato che si sono espressi a favore di tale decisione.
Tuttavia, il Comitato ha rimosso il riferimento ad una politica monetaria accomodante, segnalando che il FOMC ritiene che il tasso politico si stia avvicinando alla neutralità. Tuttavia, la Dichiarazione chiarisce che sarà necessario un ulteriore inasprimento, ma potrebbe iniziare a indicare una maggiore flessibilità nei tempi dei prossimi aumenti, probabilmente alla luce dell’incremento delle incertezze (principalmente l’impatto della escalation di una guerra commerciale), sebbene le previsioni del FOMC siano cambiate minimamente.
L’elemento più interessante emerso dall’incontro è stato constatare come i banchieri siano allineati sul percorso da seguire nei prossimi trimestri. La Fed intende proseguire in maniera graduale ma costante con i rialzi fino alla prossima estate, quando il target rate raggiungerà il livello stimato come neutrale dal comitato.
C’è meno sicurezza, invece, su cosa aspettarsi da quel punto in poi, con alcuni membri che vorrebbero proseguire portando i tassi in territorio restrittivo. Altri non sono d’accordo. Guardando alla dot plot della Fed possiamo vedere, infatti, un generale consenso nel breve termine e incertezza nel lungo periodo. Nel 2019, metà del FOMC prevede che i tassi vadano oltre la neutralità e l’altra metà ritiene saranno inferiori. Nel 2020 l’opinione sembra tornare a confluire verso tassi superiori a quello neutrale, ma la magnitudine di tale deviazione non è chiara. Per il 2021, infine, il quadro è più che mai indeciso.
Dopo un avvio piuttosto lento di questo ciclo restrittivo, nel dicembre 2015, i leader politici statunitensi hanno colto l’attimo e, nel corso del terzo trimestre 2018, la Fed ha finora aumentato i tassi sei volte ed è entrata nella fase finale del processo di normalizzazione del bilancio dall’inizio del 2017.
Quale sarà la direzione intrapresa dalla Fed per l’ultimo trimestre dell’anno e nel 2019? Dati premettendo, sembrerebbe che la Fed abbia in programma un altro aumento dei tassi entro la fine del 2018. Considerato l’andamento dell’aumento dei tassi del FOMC nel ciclo attuale, le probabilità sembrano non favorire alcuna manovra alla prossima riunione prevista per il 7/8 novembre (subito dopo le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti), che invece potrebbe concretizzarsi durante l’appuntamento del 18/19 dicembre. Senza dubbio, le prospettive per il 2019 della Fed saranno attentamente monitorate alla ricerca di eventuali segnali negativi derivanti dall’aumento dei dazi che è stato messo in atto. Ad oggi, è plausibile aspettarsi ulteriori manovre di inasprimento monetario per l’anno prossimo
Gli investitori non stanno più concentrando la propria attenzione sulla politica monetaria della Fed ma, piuttosto, sulla probabilità che la Banca Centrale stia andando troppo in là nel ciclo di inasprimento monetario, fattore potrebbe scatenare la prossima recessione e non i tempi del prossimo rialzo. Per questo motivo l’attenzione di esperti ed investitori si focalizza sulla forma della piattezza della curva dei rendimenti nelle ultime settimane e, con la decisione odierna, è probabile che la situazione non cambi.
Tuttavia, siamo lontani dall’inversione della curva dei rendimenti, che rappresenta un indicatore affidabile della recessione sin dagli anni ’60. In primo luogo, la curva dei rendimenti potrebbe essere stata distorta, ma il QE della Fed e l’Operazione Twist spingono l’estremità più lunga verso il basso. In secondo luogo, se consideriamo l’attuale livello di tassi reali e dei principali indicatori, oltre alla curva dei rendimenti, stimiamo che le probabilità di una recessione siano prossime allo zero.