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Cina-Usa, uno scenario degno di Le Carré
L'arresto a Vancouver in Canada di Meng Wangzhou, chief financial officer di Huawei, nonché figlia del fondatore dell'azienda, sembra dare ragione a chi vede le dispute commerciali attualmente in corso fra Usa e Cina come poco più di un pretesto per dare il via a una fase di tensione permanente fra due iper-potenze che aspirano al dominio assoluto, specialmente in ambito tecnologico. Proprio per questo motivo non sorprende che a venire attaccato frontalmente sia quello che sta emergendo come il colosso della tecnologia cinese, soprattutto in quegli ambiti (hardware in genere) in cui il Dragone viene considerato ancora deficitario.
Sicuramente ha un che di immaginifico il fatto che l'azienda sia stata fondata nei tardi anni ‘80, periodo di tumultuosa crescita di un paese all'epoca poverissimo, ma in piena esplosione capitalista, da ingegneri dell'esercito. Ancora di più il fatto che il gruppo abbia raggiunto rapidamente la leadership mondiale in un ambito sensibile come quello dell'equipment per telecomunicazioni, soggetto a problemi di sicurezza non indifferenti. In pratica per certi versi uno scenario da film, degno di un nuovo John Le Carré.
Oggi però il gruppo vanta anche la seconda posizione mondiale in termini di volumi di smartphone venduti, mentre si sta facendo sentire sempre di più la sua presenza nell'ambito dei componenti. A fronte dell’azione contro Huawei, la Cina ha finora reagito dando ragione a Qualcomm in una causa incentrata nel paese contro Apple e ha portato alla vendita di alcuni modelli di iPhone nel mercato della Repubblica Popolare.
In pratica sembra che siano stati tolti i guantoni in quello che è il ring cruciale dell'economia di questi anni, ovvero l'It. Proprio la conformazione e le regole di tale campo di battaglia, però, non rendono facile all'orizzonte una soluzione di compromesso. Infatti l'economia digitale, per la sua stessa struttura, sta andando a caratterizzarsi sempre più come una serie di oligopoli dominati da pochi giganteschi gruppi. In pratica, nonostante la disruption continua, la natura stessa di tali business sembra favorire concentrazioni di mercato senza pari.
Non sorprende, dunque, che i due paesi protagonisti dell'economia del 21esimo secolo vedano proprio tale terreno come quello su cui si giocherà tutto e su cui pochi compromessi si possono fare. Finora la situazione si era risolta alla stregua di due pesci in un acquario che si sono spartiti vari pezzi di acqua senza incrociarsi più di tanto. Tanto per dire, la penetrazione di Apple sul mercato cinese è rimasta piuttosto limitata, mentre quella di Huawei in Usa è ai limiti dell'inesistente. Idem per quanto riguarda il duo Alibaba&Tencent da una parte e Alphabet&Amazon dall'altra.
Il rischio grosso è che in futuro vadano a essere coinvolte anche le filiere produttive della proprietà intellettuale e di tutte quelle componenti del sistema dell'economia digitale. L'It rischia infatti di passare da un quadro di sostanziale far west legislativo, in cui più o meno tutto è permesso, al pericolo di vedere bloccate intere attività per via di colpi di testa geopolitici di quasi impossibile previsione. Inutile dire tutto ciò avrebbe effetti disastrosi sulle quotazioni del comparto. Come abbiamo visto, infatti, nelle fasi di propensione al rischio, neppure la minaccia di guerra atomica è in grado di scalfire l'euforia, mentre in quelle di sentiment negativo qualsiasi cosa viene interpretata come foriera di possibili disastri, anche se si tratta di accadimenti in sé non eccessivamente drammatici.
Figurarsi quella che Jack Ma ha definito una sfida destinata a durare 20 anni fra due paesi che vogliono il controllo dell'economia di domani!