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Shenzhen, la Cina che corre
Shenzhen, la prima città cinese sorta in una Zona economica speciale, già nei primi anni novanta appariva come un qualcosa di fortemente diverso, di gran lunga più prospero, rispetto al resto di un'immensa nazione caratterizzata da un livello di povertà scioccante agli occhi di un europeo. Da allora ovviamente l'intera economia cinese ha fatto passi in avanti mostruosi, ma questa città ha mantenuto il suo ruolo di leadership in termini di ricchezza e modernità: oggi il Pil pro capite nominale ha raggiunto livelli occidentali.
A Shenzhen nel 1991 aprì anche il primo mercato azionario del paese, che rimane tuttora uno dei due poli delle azioni A. In generale l'idea comune è che su tale piazza siano quotati nomi più moderni e legati all'economia dei consumi del Dragone. In verità tale assunto non è sbagliato, ma con un caveat che merita di essere esaminato più a fondo. Shenzhen, infatti, quest'anno sta dando risultati spettacolari agli investitori, con il Composite locale che è su del 21,5% dall'inizio dell'anno, cosa che rende tale piazza la migliore sul pianeta.
Investire a Shenzhen, operazione resa negli ultimi anni molto più facile per gli stranieri, non è esattamente privo di rischi, visto che nel 2018 è stato lasciato circa un terzo del valore, tanto che pure la fenomenale ripresa attuale non ha impedito di avere corsi inferiori di circa il 14% rispetto al livello di un anno fa. Insomma, se il mercato delle azioni A cinesi in generale è capace di rapide ascese al fulmicotone e di brutali bear market, largamente peggiori della media planetaria, si può senz'altro affermare che Shenzhen amplifica in maniera non indifferente questi trend.
Complessivamente, però, le performance in questo decennio non sono state disprezzabili, né in confronto a Shanghai, né rispetto ad altre piazze internazionali. Attualmente siamo infatti a circa un decennio dai minimi borsistici della crisi finanziaria e vale dunque la pena fare un minimo di confronto da allora e con tempi più recenti. Nel corso di 10 anni il rendimento annuale è stato intorno all'8,3% su base nominale, una cifra che sale sopra il 9% in termini di total return. Nello stesso periodo l’Msci Europe ha fornito un total return annuale di poco superiore all’8,7% in dollari. Se si considera quanto da allora hanno perso le principali divise europee nei confronti dello yuan, il quadro su Shenzhen appare tutt'altro che sfavorevole.
Per quanto riguarda poi l’Msci emerging markets in dollari, il periodo in questione ha visto un total return annualizzato appena sotto il 9,7%, ma va detto che su questo valore ha influito in maniera molto forte il biennio 2009-2011 che vide una spettacolare fiammata da parte degli emergenti. Se infatti limitiamo l'analisi all'ultimo travagliato quinquennio, vediamo che l'Europa non ha saputo generare niente di meglio che un +2% all'anno circa, mente il’Msci emerging si è limitato a +4,8%; Shenzen, al contrario si è posizionata intorno a +8%, nonostante due crash notevoli.
E anche tenendo conto degli spasmi di crisi, anche sulla volatilità non c'è poi stato più di tanto da lamentarsi: lo Sharpe dei principali 600 titoli di Shenzhen, infatti, nell'ultimo quinquennio è risultato pari a circa 0,7, più del doppio rispetto all’Msci emerging, per non parlare del misero 0,2 offerto dall'Europa. Fondamentalmente sulla base di quanto successo si potrebbe applicare un ragionamento di questo tipo: è vero che le azioni della megalopoli del sud della Cina sono volatili, è altresì indubbio però che la volatilità al di fuori degli Usa è stata decisamente comune negli ultimi anni, mentre il potenziale di rialzo di questo listino certamente non è da poco.
Elementi ancora più interessanti si scoprono analizzando la composizione dei principali benchmark, cosa che faremo nelle prossime analisi: ciò che ci limitiamo ad anticipare è che le blue chip locali rappresentano per certi versi un paradigma generale del modello di urbanizzazione asiatico, che potrebbe diventare il riferimento per l'intero universo emergente: in una logica squisitamente incentrata sui consumi discrezionali, più che sulla tecnologia in sé, vanno colte le occasioni fornite dalla città di Shenzhen.