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Economia: Banca d’Italia rivede al ribasso la crescita
Banca d’Italia prevede l'inflazione al 6 per cento nel 2023 e a una media inferiore al 2 per cento per il triennio 2024-26, mentre ha rivisto in lieve calo le stime sul Pil per il periodo di riferimento. Elevata l’incertezza nelle stime, con rischi orientati principalmente al ribasso.
L’economia italiana subirà un colpo di freno nel 2024, per poi riaccelerare nell’anno successivo. L’inflazione avrà nello stesso periodo un percorso decisamente più benigno rispetto ai picchi visti nell’ultimo biennio. È quanto emerge dalle stime economiche aggiornate di Banca d’Italia per il quadriennio 2023-26. Il quadro macro, spiega una nota, considera la manovra di bilancio per il 2024-26 e l'utilizzo dei fondi europei del programma Next Generation Eu, basandosi sul PNRR. Inoltre, presuppone che le ripercussioni dell'incerto contesto geopolitico non avranno un impatto rilevante sul prezzo delle commodity (in particolare quelle del comparto energetico) e sui mercati finanziari globali. Per contro, l’analisi prospetta, a causa del rialzo dei tassi, un irrigidimento delle condizioni monetarie e creditizie.
Pil, +0,7% quest’anno e +0,6% nel prossimo
La crescita economica, dopo avere archiviato l’estate con un lieve incremento, nel terzo trimestre ha di nuovo rallentato. Tuttavia, Banca d’Italia prevede una graduale ripresa sin dall'inizio del prossimo anno, sostenuta dalla ripresa del reddito disponibile e dalla domanda estera. Le stime aggiornate indicano ora un aumento dello 0,7% nel Pil per quest’anno, dello 0,6% nel prossimo e dell'1,1% nel 2025 e nel 2026. Rispetto alle previsioni precedenti c’è una limatura, seppur contenuta, per il 2023 (da +0,7%) e per il 2024 (da +0,8%): una correzione che, spiega la nota, riflette i segnali che indicano una debolezza congiunturale più prolungata del previsto. Mentre per il 2025 il lieve ritocco è all’insù (da +1%), soprattutto grazie all’ipotesi di vedere tassi più bassi derivanti dalle condizioni attese per i mercati finanziari.
Inflazione, +6% nel 2023 e sotto il 2% nel 2024-26
L’inflazione al consumo quest’anno si dovrebbe attestare al 6%, per diminuire significativamente in seguito e collocarsi in media sotto al 2% per tutto il successivo triennio. La discesa rifletterebbe soprattutto il netto ridimensionamento dei corsi delle materie prime e dei prodotti intermedi, solo in parte compensato dall’accelerazione delle retribuzioni (previste in aumento di circa il 3,5% all’anno in media nel 2024-26). L’inflazione di fondo calerebbe più lentamente, in linea con una trasmissione graduale dei minori costi degli input intermedi ai prezzi finali. Rispetto alle previsioni di ottobre, l’inflazione al consumo è stata rivista al ribasso in tutto il triennio 2023-25 e in misura particolarmente marcata nel 2024, per 0,5 punti percentuali, grazie a una più rapida discesa dei corsi energetici.
Il quadro rimane estremamente incerto
Queste stime, ammette Banca d’Italia, sono avvolte da un’elevata incertezza, con rischi per la crescita orientati prevalentemente al ribasso. Al riguardo, il quadro geopolitico rimane uno dei principali fattori di instabilità, da cui possono scaturire nuovi rincari delle commodity e un deterioramento della fiducia di famiglie, imprese e investitori. Rischi non trascurabili sono anche connessi all’evoluzione dell’economia globale, che potrebbe risentire in misura maggiore delle difficoltà dell’economia cinese e dell’incertezza legata alle tensioni internazionali. Il Pil potrebbe anche scontare un più forte peggioramento delle condizioni di finanziamento, anche per una maggiore rischiosità dei prenditori. I rischi per l’inflazione sono invece più bilanciati, principalmente legati ai corsi delle materie prime.
I consumi più dinamici del Pil
I consumi delle famiglie dovrebbero espandersi a ritmi leggermente superiori al Pil (+1,3% nel 2023, +0,9% nel 2024, +1,2% nel 2025 e +1,1% nel 2026), grazie al recupero del potere d'acquisto. Per contro, gli investimenti subirebbero un marcato rallentamento, influenzati nel settore privato da un aumento dei costi di finanziamento, condizioni più restrittive di accesso al credito e il calo degli effetti legati agli incentivi nel settore edilizio. L’export seguirà la dinamica della domanda estera, mentre per l’import è attesa una crescita più bassa a causa della debolezza degli investimenti in beni strumentali. L'occupazione, in forte rialzo nel 2023, continuerebbe a crescere, sebbene a ritmi più lenti rispetto al Pil. Il tasso di disoccupazione diminuirebbe gradualmente, attestandosi poco sotto il 7,5% nel 2026.