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Eurogruppo: il compromesso contro l’emergenza Covid1
I ministri delle Finanza dell’Eurozona hanno finalmente trovato un compromesso per arginare gli effetti della crisi economica innescata dalla pandemia da Coronavirus. L'intesa è comune e il piano di aiuti che si intende stanziare conta mille miliardi di euro.
Dopo giorni di estrema tensione, e con la minaccia di una disgregazione di uno dei valori fondanti dell’Unione europea, la solidarietà, i ministri delle Finanza dell’Eurozona hanno trovato un’intesa su come arginare gli effetti della crisi economica innescata dalla pandemia da coronavirus. È un compromesso che soddisfa tutti: dai falchi del Nord, quelli con i conti in ordine, ai Paesi del Sud, quelli considerati ‘spendaccioni’ e poco rispettosi delle regole comuni in materia di conti pubblici.
Aiuti per mille miliardi di euro
L’accordo poggia su quattro cardini e, per dirla subito, non contempla gli Eurobond, ovvero il programma chiesto dai Paesi mediterranei (Italia in testa), mentre individua il sistema con cui i Paesi possono utilizzare il Mes senza ‘sottostare’ alle sue rigide condizioni in materia di bilancio. In sostanza, il piano di aiuti varato dall’Eurogruppo è da mille miliardi di euro: 500 miliardi subito e altrettanti tramite la costituzione di un nuovo fondo (il Recovery plan), finanziato da titoli in comune.
Cos’è il famigerato Mes
Prima dei dettagli vale la pena ricordare cos’è il famigerato Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Il Fondo salva-Stati, com’è anche chiamato, è stato creato nel 2011 a seguito dell’ultima crisi, per permettere ai Paesi che non riuscivano a finanziarsi sui mercati (se non a costi altissimi) di accedervi a rigide condizioni. In altre parole, i Paesi che ne fanno richiesta sono obbligati a rispettare misure draconiane – individuate dall’Ue – in termini di tagli al deficit/debito e di riforme strutturali.
Uso flessibile del Mes, ma solo contro il coronavirus
Ebbene, il compromesso prevede un uso flessibile del Mes solo per sostenere il finanziamento dell’assistenza sanitaria da Covid-19. I Paesi possono chiedere prestiti a tassi più bassi di quelli di mercato e con scadenze lunghe, per un ammontare non superiore a 240 miliardi di euro (soglia ridotta dai 400 miliardi) e comunque per importo che non potrà superare la soglia del 2% del Pil. Per l’Italia significa una richiesta massima di non oltre 36 miliardi. È previsto un limite temporale: una volta superata l’emergenza sanitaria saranno ripristinate le precedente rigide condizioni. “In seguito – recita l’accordo – gli Stati membri rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di vigilanza e di bilancio, inclusa qualsiasi flessibilità applicata dalle istituzioni Ue”.
In azione la Bei a favore delle imprese
L’accordo scaturito dalla riunione del 9 aprile prevede che entri in azione anche la Banca europea per gli investimenti, dalla quale potranno arrivare alle imprese altri 200 miliardi di euro sotto forma di prestiti. In particolate questa forma di finanziamento avverrà tramite la costituzione di un Fondo di garanzia dei Paesi Ue, di 25 miliardi, che permetterà alla Bei di reperire sui mercati fino a 200 miliardi da tramutare poi in prestiti agevolati alle imprese, con un occhio di riguardo a quelle medio-piccole.
Sure, al via la cassa integrazione europea
Nell’ambito dell’intesa raggiunta ha preso corpo anche il progetto Sure della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Questo sblocca fino a 100 miliardi di prestiti messi a disposizione dai 27 Governi per aiutare i lavoratori in difficoltà (in pratica, un’integrazione della cassa integrazione nazionale). L’iniziativa prevede che i Paesi membri forniscano garanzie fino a 25 miliardi alla Commissione, la quale emetterà obbligazioni con tripla ‘A’ che verranno poi girate agli Stati tramite prestiti a lungo termine. Non bisogna dirlo ad alta voce per non irritare i Paesi del Nord ma, secondo gli analisti, si tratta di una prima forma di eurobond con una mutualizzazione del relativo debito.
Recovery Fund: strumento individuato, ora si cercano i fondi
Il quarto cardine riguarda il cosiddetto Recovery Fund, strumento fortemente sponsorizzato dalla Francia, che prenderà vita sulla base di “strumenti finanziari innovativi” ancora non meglio specificati, in linea con i Trattati e dall’importo pari a 500 miliardi di euro. Le decisioni concrete al riguardo sono state rinviate ai capi di Stato e di Governo del Consiglio Ue. Il problema è dove recuperare i fondi, mentre dall’Eurogruppo è uscita una generica indicazione secondo cui il prossimo bilancio dell’Unione (2021-2027) ricoprirà un ruolo centrale.