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Italia: il 5% delle famiglie detiene il 46% della ricchezza
Tra il 2010 e il 2022, la composizione del portafoglio delle famiglie in termini di ricchezza è significativamente cambiata: il peso delle abitazioni è diminuito dal 55,8 al 50,2 per cento a livello aggregato. Cresce la voce finanza detenuta dalle famiglie più ricche, come azioni, polizze e fondi.
La metà della ricchezza degli italiani è rappresentata dalle abitazioni. Tale percentuale, tuttavia, varia molto in base al livello della ricchezza che possiedono: raggiunge i tre quarti per le famiglie sotto la mediana, si attesta poco sotto il 70% per quelle nella fascia centrale e scende a poco più di un terzo per quelle appartenenti alla classe più ricca. È quanto emerge dai conti distributivi sulla ricchezza (DWA, Distributional Wealth Accounts) diffusi dalla Bce ed elaborati, per l’Italia, da Banca d’Italia. Ma com’è davvero distribuita la ricchezza nel nostro Paese? Alla fine del 2022, secondo Via Nazionale, il 5% più ricco delle famiglie italiane controllava il 46% della ricchezza netta complessiva, mentre il 50% più povero ne possedeva meno dell’8%.
Il peso del deprezzamento degli immobili
Dal 2017 la ricchezza netta mediana è sostanzialmente stabile e l’indice di Gini è leggermente calato. Da notare, sia per l’indice Gini sia per la quota di ricchezza detenuta dal 5% più ricco, la lieve crescita del 2021 e la riduzione nel 2022. Tale andamento è collegato a quello dei prezzi delle attività finanziarie detenute dalle famiglie abbienti, in particolare azioni, fondi comuni e riserve tecniche di assicurazione. La composizione del portafoglio delle famiglie per classe di ricchezza ha subito forte variazioni fra il 2010 e il 2022. In un periodo segnato da una generale flessione dei prezzi degli immobili, il peso delle case è sceso dal 55,8 al 50,2% a livello aggregato. Per contro, tra le famiglie più povere questo rapporto è cresciuto di 4 punti percentuali.
Meno obbligazioni e più azioni e polizze
La riduzione del peso dei titoli di debito è stata particolarmente accentuata per il decimo più ricco, con un calo di oltre 7 punti, a fronte di un marcato aumento del peso di azioni, assicurazioni ramo vita e quote di fondi comuni. L’aumento del peso dei depositi ha accomunato tutte le classi di ricchezza, ma in modo più forte quella centrale. Per le famiglie più povere, invece, i depositi sono l’unica componente rilevante di ricchezza finanziaria (17%). Maggiormente diversificato è invece il portafoglio delle famiglie più ricche, per le quali quasi un terzo della ricchezza è rappresentato da capitale legato alla produzione (azioni, partecipazioni e attività reali destinate alla produzione) e un quinto da fondi comuni di investimento e polizze assicurative.
Significativo aumento dei depositi
Per scendere più nel dettaglio, occorre uno sguardo all’evoluzione dell’ammontare e delle quote di ricchezza e debito detenuti dalle tre classi di famiglie per alcuni strumenti. Nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuta dalla classe centrale. Nel 2022 tale quota era scesa al 45%, soprattutto a vantaggio del decimo più ricco. La quota di case posseduta dalle famiglie sotto la mediana è rimasta invece stabile nel tempo attorno al 14%. Per quanto riguarda i depositi, questi sono aumentati di circa il 40% tra il 2010 e il 2022, soprattutto per le famiglie del decimo più ricco, la cui quota è salita di 6 punti percentuali, raggiungendo la metà del totale. Si è invece ridotta in maniera sensibile la quota di depositi detenuta dalle famiglie sotto la mediana.
In Germania il grado di disuguaglianza maggiore
Tra il 2010 e il 2016 il valore mediano della ricchezza netta è sceso da quasi 200mila euro a poco più di 150mila. Nello stesso periodo l’indice Gini, che misura il grado di disuguaglianza della distribuzione, è salito da 0,67 a 0,71, e la quota di ricchezza netta posseduta dal 5% più ricco delle famiglie è salita dal 40 al 48%. Vi ha corrisposto un calo delle quote detenute da tutte le altre classi. Nel confronto internazionale, secondo il report, l’indice Gini è inferiore per l’Italia rispetto alla media registrata nell’Eurozona ed è in linea con il dato francese. La Germania è invece il Paese col grado di disuguaglianza maggiore. In tutti i Paesi, comunque, c’è un aumento della disuguaglianza nei primi anni di indagine, seguito da una lieve riduzione.