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L’Europa guadagna peso nei portafogli dei gestori
I mercati non sono pronti ad assorbire un inasprimento Usa-Cina. Le posizioni difensive degli esperti hanno raggiunto il livello più elevato dal referendum sulla Brexit. L’azionari europeo torna a guadagnare preferenze
I gestori dei fondi comuni d’investimento hanno lanciato un allarme relativo alla scarsa predisposizione dei portafogli della maggior parte degli investitori a dover far fronte agli effetti sui mercati ascrivibili a un mancato accordo tra Stati Uniti e Cina in materia di commercio. Questo è il risultato più evidente che emerge dall’ultima inchiesta mensile realizzata da Bank of America Merrill Lynch tra 195 professionisti della gestione che si occupano di un patrimonio complessivo di 588 mld di dollari.
La nuova impennata della tensione tra Washington e Pechino, seguita agli annunci di nuovi dazi applicati da entrambe le superpotenze ai prodotti importati, ha tinto di rosso il panorama dei risultati di Borsa per alcune sessioni ed ha alimentato le preoccupazioni dei gestori sul futuro dell’equity nel medio termine.
L’inchiesta ha evidenziato che il duello Usa-Cina sui dazi rappresenta la più importante fonte di preoccupazione per il 37% dei gestori interpellati a maggio (ad aprile solo il 20% dei money manager riteneva questa variabile la più pericolosa dello scenario). Nonostante ciò, il livello di paura continua a restare lontano dai livelli toccati la scorsa estate (quando il 60% degli intervistati si diceva estremamente preoccupato per l’evoluzione del conflitto commerciale).
Tra alti e bassi, la cosa certa è che i timori degli operatori sono ormai legati a questa variabile da molto tempo. A partire da marzo del 2018 la guerra commerciale rappresneta la fobia più ricorrente negli incubi degli esperti. In questo periodo, solo due fattori sono stati in grado di oscurare parzialmente tale fobia: le preoccupazioni per un cambio di rotta delle politiche monetarie adottate dalle più importanti banche centrali del pianeta e le aspettative per una decelerazione dell’economia cinese più forte del previsto.
Più di un terzo del campione di esperti ha confermato di aver preso misure per difendersi da un eventuale peggioramento dello scenario e una decisa svalutazione delle quotazioni di Borsa. Tra i gestori che operano sui mercati azionari del Vecchio Continente, le posizioni difensive non raggiungevano livelli così elevati dal 2016 (in occasione del referendum sulla Brexit).
Molti gestori hanno optato per un aumento della liquidità nei rispettivi portafogli, anche in scia ai timori per la fine del ciclo e l’arrivo della prosisma fase recessiva. Il 45% degli intervistati crede che la prossima recessione arriverà nel 2020: di questi il 18% ipotizza che si materializzerà nel corso della prima parte dell’anno e il 27% crede che i tempi saranno più lunghi.
Per quanto riguarda i tassi d’interesse, i gestori credono che la Fed non si muoverà nel corso dell’anno e che il costo del denaro negli Usa si manterrà nel range 2%-3%. Solo il 4% dei partecipanti ritiene che i tassi Usa scenderanno sotot il 2%. Il 20% vede i tassi Usa sopra il 3% nel 2020.
Dopo dodici mesi di totale oblio, il mercato azionario europeo è tornato sui radar degli esperti e rappresenta la scelta più gettonata in quest’ultima inchiesta mensile. L’Italia è la meno preferita con il 20% che opta per una sottoponderazione del listino milanese. La Germania continua a essere la favorita e il Dax di Francoforte viene sovrapesato dal 23% degli intervistati.