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Russia: quanto è realistico un rischio default dei bond?
Le sanzioni dei Paesi occidentali hanno comportato l'isolamento economico della Russia e hanno messo una forte pressione sui suoi mercati e sul rublo, che ha subito un crollo record. Contestualmente gli esperti si chiedono quanto sia realistico un rischio default dei bond russi.
L’economia russa è finita nell’angolo a seguito dell’invasione dell’Ucraina, con le sanzioni decise dall’Occidente. La minaccia di ulteriori misure nei suoi confronti ha attivato la speculazione circa un possibile default del Paese, senza dare molto peso al fatto che Mosca ha comunque iniziato il pagamento delle cedole su due delle proprie obbligazioni denominate in dollari. Una mossa che ha ridato parzialmente ossigeno ai mercati, al punto che il prezzo dei bond è aumentato alla notizia dei pagamenti. Tuttavia, secondo Ben Robins, emerging markets debt portfolio specialist di T. Rowe Price, non possiamo leggere questo come una garanzia di quanto potrebbe accadere al resto dei bond russi in valuta estera, il cui valore ammonta a circa 40 miliardi di dollari.
Evento raro un default per un debito sovrano
Con il conflitto i titoli di Stato russi in valuta estera sono rapidamente scesi a livelli tali da far presagire un default. Tuttavia, ha ricordato l’esperto, questa eventualità per un debito sovrano è estremamente rara e, se dovesse avvenire, sarebbe la prima volta dal 1998 che accade in Russia. Dall’inizio della guerra (24 febbraio) tutte le principali agenzie di rating hanno declassato il debito russo da investment grade a 'junk' (titoli spazzatura), come conseguenza delle severe sanzioni imposte al Paese dai Governi occidentali, compreso il congelamento di circa la metà dei beni della Banca Centrale. Questo ha comportato l'isolamento economico della Russia e ha messo una forte pressione sui suoi mercati e sul rublo, che ha subito un crollo record.
Per l'Ucraina attesa una ristrutturazione del debito
Le ripercussioni della guerra sono destinate ad avere un peso diverso sul mercato del debito: piuttosto limitato per quello russo, perché i bond in valuta estera sono stati scambiati a livelli estremamente bassi (cosa che indica un’alta probabilità di default), mentre per l’Ucraina - nonostante Kiev insista a dire che continuerà a rimborsare il debito estero - è probabile che, alla fine, sarà necessario un qualche tipo di ristrutturazione del debito. Intanto gli esperti prevedono ancora volatilità per i Paesi emergenti: gli spread si sono ampliati, con il sentiment che ha risentito sia della guerra sia dalla prospettiva di una stretta delle principali Banche Centrali. Per questo i bond emergenti hanno subito deflussi, una tendenza che dovrebbe proseguire.
È meglio concentrarsi sui fondamentali e su strategie lunghe
È proprio in questi momenti, suggeriscono da T. Rowe Price, che gli invertitori dovrebbero concentrarsi sui fondamentali e avere una prospettiva a lungo termine. Alla luce di questa condizione, Robins ritiene che il recente allargamento dello spread abbia contribuito a migliorare le valutazioni altrove nel debito emergente, e quindi sia costruttivo sull'asset class. Il mercato, sostiene, si sta infatti avvicinando a livelli di rendimento e di spread che rendono il debito emergente interessante rispetto ad altre aree del reddito fisso. A parte la grande contrazione attesa per l’economia russa, l’esperto crede che ci siano soprattutto due elementi su cui la crisi ucraina possa ripercuotersi sugli emergenti: i prezzi delle materie prime e i flussi finanziari.
Gli esportatori di commodity più favoriti
Di riflesso, per gli importatori di materie prime, come l'India, l'aumento dei prezzi è negativo in termini di shock commerciale e probabilmente drenerà reddito e genererà inflazione, portando al rallentamento dell'attività. Per gli esportatori, come il Brasile, il rincaro è positivo e probabilmente guiderà l'attività economica e il miglioramento del credito. Le pressioni inflative possono portare le Banche centrali ad aumentare più volte i tassi e a mantenerli alti a lungo. Questa situazione, secondo Robins, ha finora impattato solo parzialmente sui tassi emergenti, dato che i percorsi di rialzo aggressivi erano già stati prezzati in una certa misura. Per le obbligazioni interessate, c'è un periodo di grazia di 30 giorni prima che possa essere dichiarato default.