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Schroders: chi guadagna con i vaccini contro il Covid
La reazione dei mercati all’avanzamento della vaccinazione fa dei distinguo tra sviluppatori del vaccino e produttori: in questa fase i primi hanno un approccio più sociale che commerciale, a differenza dei secondi. L’attenzione però si sta concentrando sulle potenzialità della tecnologia mRNA.
La campagna vaccinale contro la pandemia da coronavirus ha pigiato sull’acceleratore in tutto il mondo, cosicché prende corpo ovunque la speranza di una rapida ripresa dell’economia e di un ritorno alla normalità. Anche l’Europa si è messa al passo, dopo essere tornata sull’orlo della recessione causa i più recenti lockdown. A fare da battistrada sono la Gran Bretagna, che è il nostro benchmark più vicino, e gli Usa. Il Presidente Joe Biden, per esempio, ha da poco alzato il target di somministrazione a 200 milioni di dosi nei primi cento giorni del mandato, dopo che l’obiettivo iniziale dei 100 milioni è stato superato in appena 60 giorni.
La massiccia distribuzione del vaccino ha cambiato le carte
Dietro la svolta c’è dunque una più capillare distribuzione dei vaccini, resa possibile dai notevoli sforzi fatti dalle società farmaceutiche: in grado di realizzare sieri efficaci, accorciando i tempi dei test clinici necessari e, non ultimo, di produrli in quantità massicce. È un risultato che, nel complesso, scaturisce dall’innovazione che contraddistingue da sempre i settori della ricerca farmaceutica e del biotech. John Bowler, gestore del fondo Schroder ISF Healthcare Innovation di Schroders, ha cercato di capire come questa euforia si ripercuote sulle casse delle società e, in particolare, come gli investitori ne possono approfittare.
La reazione dei mercati di sviluppatori e produttori
Al momento gli effetti del rapido avanzamento della campagna di vaccinazione non si sono visti sull’andamento delle quotazioni delle azioni dei gruppi che gravitano attorno al settore pharma. Come spesso accade, il mercato si conferma emotivo: accelera in occasione degli annunci e reagisce più freddamente al momento della notizia. Per esempio, il titolo Moderna ha registrato un marcato apprezzamento quando la società, lo scorso novembre, ha annunciato il vaccino. Stesso comportamento lo ha avuto BioNTech, mentre negli ultimi sei mesi il titolo Pfizer ha guadagnato solo marginalmente e quello di AstraZeneca ha addirittura ripiegato.
Le potenzialità della tecnologia mRNA
L’attenzione degli investitori si è concentrata in questa fase sui problemi delle forniture (diluite, con annesse cause legali) e sugli effetti collaterali dei vaccini (coaguli). Tuttavia, le differenze tra le performance di queste 4 società potrebbero risiedere, in parte, nelle diverse tecnologie su cui si basano i vaccini. BioNTech e Moderna, attive nelle biotecnologie, hanno usato la tecnologia mRNA, il cui valore è mostrato dalla rapidità con cui sono giunte al vaccino. Tale tecnologia avrà molte altre applicazioni oltre al Covid-19. Secondo Bowler il rialzo delle azioni di Moderna e BioNTech riflette le potenzialità di questa tecnologia, più che la scoperta dei vaccini in sé. Un altro aspetto da considerare, aggiunge, è che le società dei vaccini oggi mettono il benessere pubblico al centro dei propri sforzi, più che i loro profitti.
La strategia ‘sociale’ degli sviluppatori
Nel momento in cui si decide di fare un investimento è bene distinguere le società che hanno sviluppato i vaccini e quelle che lo producono. Quelle che fanno parte della prima categoria, e cioè Pfizer, Moderna e AstraZeneca, considerano questa prima fase della campagna vaccinale come un atto di pubblico servizio, parte del loro ‘contratto sociale’: mirano a mettere in evidenza il valore che un settore innovativo come il biotech può offrire alla società e dimostrare di poter usare il proprio expertise per affrontare un’emergenza sanitaria come quella attuale. In questo senso, AstraZeneca è l’esempio più evidente, dato che sta apertamente producendo il vaccino senza fini di lucro. Allo stesso modo anche Pfizer-BioNTech e Moderna non praticano prezzi reali per i loro vaccini, e non stanno realizzando profitti in questa fase.
La politica dei produttori è già ‘commerciale’
Le società coinvolte nella produzione dei vaccini si stanno invece muovendo in modo molto più commerciale e prezzano i loro prodotti – a cominciare dalle fiale – in quest’ottica. Di conseguenza, secondo l’esperto, otterranno benefici finanziari maggiori in questa fase. Nel dettaglio, negli Usa la doppia dose di vaccino Pfizer e BioNTech costa 39 dollari, mentre la doppia dose di AstraZeneca circa 4,30-10 dollari. Gli sviluppatori dei vaccini hanno anche concordato di fornire dosi a COVAX, l’iniziativa globale per dare accesso ai vaccini ai Paesi a basso reddito, con prezzi che non implicano un profitto: quest’anno Pfizer e BioNTech forniranno 40 milioni di dosi e AstraZeneca almeno 170 milioni.
L’investimento delle big-pharm è sul lungo termine
Nel prossimo futuro la generazione attuale dei vaccini dovrà essere ‘riformulata’ in funzione delle diverse varianti che emergeranno (il virus tenderà infatti a mutare per potersi diffondere) e questo potrebbe innescare una nuova fase di produzione e distribuzione di sieri. In sostanza, i vaccini contro il Covid-19 potrebbero diventare parte integrante dei programmi vaccinali invernali già in atto (le big-pharm stanno già studiando la possibilità di un vaccino combinato contro il Covid-19 e l’influenza). È in questa fase successiva, conclude Bowler, che gli sviluppatori come Pfizer/BioNTech e AstraZeneca inizieranno a concepire i vaccini in modo più commerciale, come fanno attualmente i produttori di vaccini antinfluenzali.