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Opec e quadratura del cerchio
La questione più insidiosa è capire la portata delle politiche di Trump. Gli Usa hanno rinnovato la minaccia di varare una legge che permetterebbe loro di citare in giudizio l'Opec e rendono difficile comprendere il reale impatto delle nuove sanzioni contro l'Iran.
In questo quadro per l'Opec non sarà facile elaborare dati precisi sull'entità dell'approvvigionamento necessario per il 2019 a livello globale. La mancanza di chiarezza su questi temi costringerà l'Opec a ridurre leggermente l'offerta e a lasciare aperta la possibilità di aumentare l'attività in un secondo momento. Il taglio sarà probabilmente di circa 500.000 barili al giorno, soprattutto dalla Russia e dall'Arabia Saudita, e si parla molto di monitorare i dati in entrata. Questo dovrebbe aiutare l'Opec a raggiungere una fascia di prezzo di 60-70 dollari per il Brent e lasciare comunque margine per un aggiustamento in caso di un'offerta inferiore alle aspettative.
La coalizione tra membri Opec e non Opec, costituita nel 2016, si trova tuttavia ad affrontare una sfida ancora più grande. I diversi stati avevano unito le proprie forze con un obiettivo specifico: cercare di bilanciare il mercato in una fase in cui la crescita di scorte di petrolio già elevate era insostenibile. I partecipanti alla coalizione sono riusciti in gran parte a gestire la problematica fino a che non è stata sostituita da una serie di nuove sfide. Le coalizioni restano in vita solo fino a che sono utili e sospetto che la sola soluzione per tenere unita questa sarà di trasformarla in un accordo più formale.
Oggi il settore delle commodity è in fermento. Le correzioni al rialzo arrivano dopo il G20 che si è concluso lo scorso weekend. Gli Stati Uniti hanno ammorbidito la propria posizione sul commercio con la Cina, offrendo una tregua di 90 giorni sul rincaro delle tariffe che sarebbe dovuto entrare in vigore su 200 miliardi di dollari di importazioni. La Cina ha altresì espresso la volontà di ridurre le accise sulle automobili americane e l'impegno ad importare una quantità non dichiarata di prodotti agricoli americani.
La Russia e l'Arabia Saudita hanno concordato di voler continuare la loro cooperazione nella gestione dell'approvvigionamento petrolifero nel 2019; è probabile che questa collaborazione sia un anticipo della decisione di tagliare l'offerta che verrà presa dall'Organizzazione degli esportatori di greggio (Opec) nel suo incontro di questa settimana. L'uscita del Qatar dall'Opec a gennaio (annunciata il weekend scorso) non avrà un impatto significativo se l'Arabia Saudita e la Russia, rispettivamente il membro e il partner più grandi dell'Organizzazione, spingeranno per i tagli alle forniture. Inoltre la provincia canadese dell'Alberta, in una mossa non convenzionale per un territorio associato che non fa parte dell'Opec, ha annunciato che taglierà la produzione di petrolio, decisione che controbilancerà qualsiasi effetto negativo dell'uscita del Qatar.
Nell'ultimo mese le quotazioni del Brent sono diminuite del 23% a causa dei timori per un eccesso di offerta sul mercato del petrolio. Questo crollo improvviso ricorda in maniera inquietante l'esperienza del novembre 2014. L'esperienza del cartello nel periodo 2014-2016 è stata talmente sgradevole che difficilmente il gruppo vorrà tornare a una fase di debolezza dei prezzi. Inoltre, il contesto di oggi è molto diverso. Nel 2014 era stata l'Opec stessa a orchestrare la diminuzione dei prezzi del petrolio per indispettire gli Stati Uniti e altri produttori ad alto costo.
Questa volta sembra che la debolezza delle quotazioni sia dovuta principalmente all'espansione della produzione statunitense. Gli eventi del 2014 hanno dimostrato che il cartello non può fermare la crescita della produzione Usa. Facendo tesoro di questa esperienza, è improbabile che l'Opec voglia mantenere elevati i livelli di produzione per difendere la propria quota di mercato; piuttosto cercherà di tenere alti i prezzi per preservare le proprie entrate fiscali.