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Investitori, guardate al futuro e meno al passato
Quando realizziamo un investimento, il successo o l’insuccesso dell’operazione sarà determinato dalla capacità degli strumenti prescelti di restituirci il capitale attraverso dividendi, cedole e la rivalutazione del valore dell’asset nel lungo termine.
L’andamento di queste fonti di rendimento dipenderà dall’evoluzione dei nostri asset nel futuro, indipendentemente da i risultati che siano riusciti a ottenere nel passato.
Pur non avendo a disposizione una sfera di cristallo, quando investiamo è molto importante osservare sia il passato sia il presente e le prospettive future dei nostri investimenti. Molti investitori commettono l’errore di fare attenzione solo a quanto accaduto ai rendimenti nel passato e di proiettare nel futuro tali performance. L’errore classico è quello di investire con lo specchietto retrovisore attivato, anche se tutti i prospetti avvertono che i rendimenti passati non garantiscono quelli potenzialmente ottenibili nel futuro.
Sebbene il futuro sia indecifrabile, è possibile dare un’occhiata ai rendimenti di lungo termine registrati in passato per osservare il comportamento dell’asset in occasione di scenari simili a quelli che stiamo vivendo. Un buon indicatore di lungo termine è offerto dal ‘ritorno in media’ degli investimenti. Se si osservano le performance registrate dai prodotti azionari e obbligazionari in passato, si nota come il ritorno in media avvenga solitamente in tempi più brevi per i veicoli obbligazionari e in tempi più lunghi per quelli azionari. Non è sempre così, ma nella maggior parte dei casi il trend è questo.
Se si parte dall’insegnamento offerto dal ritorno in media degli investimenti, in un periodo in cui la gestione attiva ha ottenuto risultati deludenti, potrebbe essere opportuno puntare proprio sul ritorno in media della ‘gestione attiva’ piuttosto che ragionare facendosi guidare dallo specchietto retrovisore e optare solo per prodotti a gestione passiva. Non dimentichiamo che in passato sono stati proprio le fasi di grande incertezza -come quella attuale- a offrire il terreno più fertile alla gestione attiva.
In base alle definizioni tradizionalmente utilizzate dagli esperti, l’industria considera una strategia passiva quella che ha come obiettivo la replica più fedele possibile dell’andamento di un indice -azionario o obbligazionario- sia di tipo attivo sia di tipo passivo. Al contrario, una strategia di gestione attiva ha come obiettivo il conseguimento di un rendimento superiore, nel medio-lungo termine, a quella degli indici di riferimento, grazie alla bravura e all’esperienza del team che si occupa della gestione.
Negli ultimi anni, il dibattito tra gestione attiva e passiva ha preso piede in scia ai risultati non proprio brillanti conseguiti dai fondi comuni d’investimento a gestione attiva che, al netto dell’insieme dei costi associati alla gestione di ogni singolo prodotto, non sono riusciti, nella maggior parte dei casi, a fare meglio dei rispettivi indici di riferimento.
La mancanza di risultati positivi conseguiti dalla maggioranza dei veicoli a gestione attiva, ha coinciso con l’ascesa dei prodotti a gestione passiva. Stando ai dati raccolti ed elaborati da BlackRock, l’industria della gestione passiva cresce a tassi annualizzati del 20% in termini di asset under management. Il dato apporta una pressione addizionale sull’industria dei prodotti a gestione attiva, che ha sperimentato una graduale diminuzione della quota di mercato.