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Debito dei Paesi emergenti: un’asset class promettente
Gli investitori premiano il debito emergente, privilegiando i Paesi esportatori di commodity dell'America Latina e del Medio Oriente. Cauti sull'Asia per i maggiori livelli di rischio geopolitico e le incertezze delle elezioni. Attenzione verso la Fed e il quadro geopolitico globale.
Il mercato del debito dei mercati emergenti continua a conservare valore, benché i rendimenti che ha riconosciuto finora siano stati interessanti. Per capirne il motivo, è bene guardare il quadro più ampio del contesto macroeconomico e come questo abbia influenzato gli investitori. Infatti, rileva Polina Kurdyavko, Head of BlueBay emerging markets di RBC BlueBay, nonostante le opportunità di rendimento a due cifre degli ultimi anni, il debito emergente ha faticato ad attrarre capitali a causa della crescente incertezza economica. Aspetto che ha determinato da parte degli investitori un comportamento più avverso al rischio e spostato l’attenzione agli asset tipicamente considerati più sicuri (e più familiari). Così, nel recente passato, gli Emerging Market Debt sono stati percepiti dai mercati finanziari come un'incognita troppo grande.
Lo scenario premia gli investitori a lungo termine
Anche perché nel frattempo abbiamo assistito al ritiro della liquidità (in seguito all’aumento dei tassi da parte della Fed) e l'aumento dei tassi di default sovrano (in particolare sui mercati di frontiera alle prese con la sostenibilità del debito), che hanno contribuito a creare un clima di sfiducia verso questo strumento. Ma è tempo perché il vento torni a soffiare a favore. Nel 2024 gli investitori di lungo termine, stima l’esperta, vedono opportunità nel debito dei Paesi emergenti grazie al miglioramento dei fondamentali, alle tendenze inflazionistiche positive e ai rendimenti che rimangono su livelli storicamente elevati. Gli operatori in questa fase privilegiano i Paesi orientati all’export e consigliano comunque un approccio attivo e bottom-up per gestire i rischi e sfruttare al meglio le opportunità di rendimento.
Il mix di fattori a favore
Tra le altre buone ragioni - indicate da Kurdyavko - che spingono a prendere esposizione nei confronti del debito emergente troviamo anche la combinazione di prezzi alti a lungo delle materie prime, la riduzione dei disavanzi fiscali e delle partite correnti, la ripresa del turismo globale (che comporta ulteriori entrate e tasse) e la crescita economica positiva, che contribuisce a ridurre leggermente alcuni parametri (come il debito/Pil). Tra questi fattori spicca indubbiamente il rientro dell’inflazione, reso possibile dal fatto che le Banche centrali di questi Paesi hanno adottato sin dal 2020 politiche monetarie per lo più ortodosse. Strategia che ha aiutato le rispettive economie ad anticipare la curva rispetto ai Paesi sviluppati, e a riprendersi rapidamente dalla pandemia e dall’inflazione.
Sotto i riflettori i Paesi esportatori di commodity
I progressi maturati premiamo gli investitori che hanno scommesso sulla resilienza di questi mercati: il rendimento rimane infatti storicamente molto elevato, pari (per l’asset class sovrana) all'8,10% secondo quanto rilevato alla fine dello scorso febbraio. Come abbiamo visto in RBC BlueBay tendono a privilegiare i Paesi orientati all'export, in particolare i produttori di commodity dell'America Latina e del Medio Oriente. Tali Paesi presentano un rischio di credito relativamente basso, data la loro qualità creditizia più elevata e l'esposizione ai prezzi delle materie prime che resta alta. Nel frattempo, anche i Paesi a basso tasso di interesse che hanno affrontato di recente una ristrutturazione del debito, o che sono riusciti a evitarla del tutto, presentano opportunità di rendimento a due cifre su base più opportunistica.
Bene l’America Latina, prudenza con l’Asia
Per quanto riguarda l'America Latina, Kurdyavko vede soprattutto opportunità in alcuni titoli quasi-sovrani in Messico. Privilegia anche la Colombia in termini di spread duration e, soprattutto, il credito quasi-sovrano, visto il contesto dei prezzi delle materie prime e la riduzione della leva finanziaria degli ultimi anni. In terzo luogo, è interessata ad alcune storie societarie in Brasile, dove i bond sono stati ristrutturati ma ora sono performanti e offrono rendimenti a due cifre. Esprime invece cautela sull'Asia, in quanto è una regione in cui vede maggiori livelli di rischio, ad esempio le potenziali sanzioni alla Cina, o la Corea del Sud, che è guidata più dalle valutazioni che da altro. Anche se l’ipotesi di investimento rimane convincente, non è da dimenticare che, anche in questo contesto, il rischio è sempre presente.
I rischi del 2024: elezioni, tassi Fed e quadro geopolitico
In particolare, sono tre i rischi principali evidenziati. In primo luogo, con il 2024 che vedrà il più alto numero di persone mai andato alle urne, le elezioni potrebbero avere un impatto sulle prospettive regionali e globali, con conseguente aumento del rischio geopolitico. L’appuntamento principale sarà quello Usa e di ciò che un’eventuale presidenza Trump potrebbe portare in termini di ulteriore incertezza, con conseguente aumento della volatilità dei mercati globali, in particolare in relazione alla Cina e al commercio mondiale. In secondo luogo, la direzione dei tassi della Fed, che cerca di trovare un equilibrio tra taglio e lotta all'inflazione, e infine il rischio di una potenziale escalation degli attuali eventi geopolitici su scala globale.
Per tutti questi fattori che sono sul tavolo, sottolinea infine Kurdyavko, la costruzione flessibile del portafoglio, l'attenzione alla liquidità e la convinzione a livello dei fondamentali saranno per gli investitori una disciplina cruciale da seguire quest'anno.