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Mercati emergenti: i trend da monitorare
Opportunità nei mercati emergenti, grazie a politiche macro e gestioni fiscali prudenti. Prevedibile un aumento degli upgrade nei rating del credito e vantaggi per l'Europa centrale e orientale, il Messico e altri Paesi asiatici. Paesi favoriti da crescita demografica e de-dollarizzazione.
I mercati emergenti acquistano fascino e possono rafforzarlo con i cambiamenti secolari macro e un quadro geopolitico mondiale per niente tranquillo. La loro storia si è evoluta da una convergenza col mondo sviluppato a un'opportunità strategica, in un quadro multipolare. Dopo la pandemia, il mondo si confronta con due guerre, mentre l'incertezza sull'integrazione economica globale e la competizione sistemica tra democrazie e Paesi (come Cina e Russia) hanno frammentato l'economia mondiale, creando nuove reti e alleanze. Secondo David I. Robbins, Portfolio Manager e Group Managing Director, Emerging Markets di TCW, i Paesi emergenti in questo scenario guadagnano importanza strategica per il mondo sviluppato, fungendo da nodi di connessione tra Usa e Cina.
Le tensioni commerciali Usa-Cina
Il gestore sottolinea che i fondamentali macro e le metriche del credito nei Paesi emergenti, sovrani e societari, sono migliorati rispetto a quelli dei Paesi sviluppati, i quali fanno i conti con disavanzi fiscali e aumento del debito. Senza contare gli effetti delle tensioni commerciali Usa-Cina, che hanno interrotto le supply chain, favorendo - per contro - una regionalizzazione del commercio che avvantaggia in particolare i Paesi dell'Europa centrale e orientale, il Messico e altre nazioni asiatiche, a scapito della Cina. Ad avvantaggiare questi Paesi contribuisce anche il fatto che questi hanno adottato politiche macroeconomiche più prudenti, con una gestione fiscale conservativa, riduzione dei sussidi e un crescente impegno nella stabilità monetaria.
Più upgrade che downgrade
Molti di loro hanno stabilito programmi con l’FMI o ricevuto aiuti da Paesi della regione, implementando politiche più ortodosse. Questo ha portato al miglioramento del credito nell'intera asset class, con il 2024 che potrebbe vedere più upgrade che downgrade nei rating dei mercati emergenti. L’attenzione è posta anche sulle materie prime, il cui andamento continuerà a essere cruciale per la valutazione dell’asset "emergente". A questo proposito, la competizione Cina-Usa, in termini di riduzione delle emissioni e degli investimenti nell'IA, richiede molte materie prime non disponibili negli Stati Uniti, ma presenti nei Paesi emergenti. Questi ultimi, soprattutto i produttori a basso costo, a loro volta beneficeranno delle nuove alleanze nel mondo multipolare.
L’impatto della guerra in Ucraina
Anche la guerra tra Russia e Ucraina ha cambiato il commercio energetico globale. L'Europa, storicamente dipendente della Russia, ha infatti diversificato le sue fonti, avvantaggiando Paesi come Qatar, Kazakistan, Egitto, Nigeria, Algeria, Angola e Azerbaigian. Inoltre, investimenti in settori come l'idrogeno verde stanno emergendo in nazioni come Namibia, Marocco, Oman ed Egitto. Dopo la globalizzazione, c’è la regionalizzazione. Mentre l’interscambio Usa-Cina diminuisce, aumenta quello tra Cina e altri Paesi emergenti asiatici, tra Stati Uniti e Messico, tra l'Europa centrale e orientale e l'Europa continentale. Questa regionalizzazione avvantaggia le economie di connessione, che forniscono materie prime e beni a prezzi competitivi.
Tra crescita demografica e nuovi consumatori
I Paesi emergenti sono favoriti anche dalla crescita demografica e dall'aumento della forza lavoro, che contrastano col declino nei Paesi sviluppati e spingono i consumi. Di riflesso, la domanda di prodotti di fascia alta crescerà negli emergenti, che vedono una forte espansione della classe media. Paesi come Indonesia, Cina, India, Malesia, Filippine, Egitto, Nigeria e le aree dell'America centrale e meridionale guideranno questa crescita. Entro il 2030, stima Robbins, il 95% dell'espansione della classe media proverrà dagli emergenti, con città di terzo livello in Cina e India che avranno un ruolo chiave. Intanto, c’è un cambiamento strutturale che riguarda le materie prime. La Cina sta infatti accumulando riserve di commodity e regolando gli scambi al di fuori del dollaro.
La de-dollarizzazione del commercio globale
Questa è la tendenza alla de-dollarizzazione che potrebbe, secondo il gestore, avvantaggiare i mercati emergenti, permettendo loro di acquistare petrolio a sconto e pagarlo nelle proprie valute, riducendo la necessità di riserve in dollari. Nel frattempo, tale fenomeno è già un movimento evidente. La domanda di oro e altre commodity come alternativa alle riserve in dollari è infatti già aumentata, a testimonianza di una maggiore accumulazione di riserve auree da parte delle Banche centrali degli stessi mercati emergenti. A questo punto, è probabile che il calo delle riserve denominate in dollari e della quota Usa nel commercio globale sia destinato a proseguire, a beneficio dei mercati delle materie prime e delle valute delle nazioni emergenti.