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Redditi: l’aumento è una buona o una cattiva notizia per gli investitori?
Negli Usa la crescita dei redditi in rallentamento potrebbe indicare un morbido atterraggio dell'economia. Se però i consumatori iniziassero a spendere di più anziché risparmiare, questo potrebbe portare a nuove pressioni. Intanto i risparmi extra accumulati durante la pandemia stanno diminuendo.
In questo periodo pochi statunitensi non sarebbero d’accordo con Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, secondo cui l’inflazione è una forma di tassazione nascosta che riduce il loro potere d’acquisto. Negli ultimi anni, infatti, hanno assistito – dopo decenni di stabilità - a un forte aumento dei prezzi che ha annullato i benefici di una crescita salariale senza precedenti. George Brown, economista di Schroders, ha studiato la reazione dei consumatori a questa situazione, individuandone i possibili sviluppi. A prima vista sembra che i cittadini non si siano lasciati scoraggiare e abbiano continuato a spendere. Un quadro che sorprende, considerato che la pandemia all’inizio ha provocato il licenziamento di circa 22 milioni di lavoratori. La riapertura delle attività ha favorito la ripresa dell’occupazione, sostenendo una crescita forte e costante dei consumi. Non solo, la domanda è tornata ai livelli pre-Covid, superando addirittura la tendenza di lungo periodo. Come è stato possibile? La risposta è nei risparmi.
La domanda finora sostenuta dal risparmio in eccesso
Durante la pandemia, spiega l’esperto, molti cittadini hanno accumulato una notevole quantità di denaro, grazie agli aiuti statali diretti (assegni di stimolo) e indiretti (moratorie sugli affitti e prestiti agli studenti). Inoltre, le restrizioni imposte per contenere il virus hanno limitato le possibilità di spesa, determinando l’aumento del risparmio. Così, quando le condizioni sono migliorate, molti hanno usato i loro risparmi per acquistare beni e servizi. Questi fattori, secondo Schroders, hanno generato più di 2mila miliardi di dollari di risparmio in eccesso. Monta comunque il sospetto che tale clima non possa durare: i risparmi in eccesso stanno calando e i consumatori potrebbero diventare più cauti, arrivando a mettere da parte una parte maggiore del reddito disponibile in via precauzionale, con ripercussioni sui consumi. Per questo, stima Brown, è fondamentale che i redditi reali, quelli al netto dell’inflazione, siano tornati a crescere.
I redditi reali ancora in crescita nel 2024
Ci sono segnali positivi: l’inflazione IPC è scesa nell’ultimo anno dal 9% al 3%. Benché sia un livello ancora elevato, ci sono poche ragioni perché rimbalzi nel breve termine. I salari intanto continuano a salire, anche se a un ritmo inferiore rispetto al passato. Il mercato del lavoro, inoltre, sembra stabile e non ci sono segnali di licenziamenti generalizzati. Questo lascia pensare che i consumatori Usa siano destinati a godere almeno per il 2024 di un periodo di crescita dei redditi reali: potrebbe essere sufficiente a sostenere la spesa anche di fronte a venti contrari. Brown si chiede però se la crescita dei redditi reali sia una buona o una cattiva notizia per gli investitori. Da un lato, spiega, questo si aggiunge alla crescente evidenza che l'economia statunitense potrebbe essere diretta verso un morbido atterraggio. D’altronde, il mercato del lavoro sembra gradualmente normalizzarsi, ci sono segnali che il settore manifatturiero abbia superato il suo minimo ciclico e l'inflazione di fondo si è molto attenuata.
Un atterraggio morbido favorirebbe un taglio dei tassi della Fed
Tuttavia, avverte l’esperto, gli investitori dovrebbero essere altrettanto preoccupati per la fine della compressione dei redditi reali. Le famiglie potrebbero non risparmiare una quota maggiore del loro reddito, come stimano in Schroders, ma dirigerlo a spese aggiuntive. Ciò potrebbe far riemergere le tensioni dal fronte dell'offerta, portando a una ripresa delle pressioni inflative. In generale si ritiene che un atterraggio morbido allevierebbe le pressioni, consentendo alla Fed di tagliare i tassi prima; mentre nello scenario alternativo di ‘resilienza dei consumatori’, dovrebbe alzare maggiormente i tassi e far precipitare l'economia in una profonda recessione. Quale di questi risultati potrebbe concretizzarsi dipende da due fattori: la produttività e il tasso di partecipazione. La prima misura l’efficienza con cui si producono beni e servizi, mentre il secondo rappresenta la quota di persone che lavorano o cercano lavoro. Entrambi i fattori sono stati colpiti dalla pandemia e devono tornare ai livelli normali.
Auspicata la ripresa della produttività e del tasso di partecipazione
L’interrogativo è se la produttività possa tenere il passo con i salari reali. Per quanto riguarda il tasso di partecipazione, che è ancora più basso di prima della crisi, questo dipende dal fatto che molti lavoratori anziani hanno lasciato il lavoro. In poche parole, se produttività e tasso di partecipazione si riprendono, l’economia potrebbe avere una decelerazione controllata. A condizione che la produttività torni a normalizzarsi in linea col suo trend e che l'offerta di lavoro migliori, un atterraggio morbido diventa il risultato più probabile. Tuttavia, bisogna rilevare che il tasso di disoccupazione è ancora di circa 0,8 punti percentuali sotto le stime NAIRU (tasso di disoccupazione che mantiene stabile l’inflazione). Pertanto, secondo Brown, in assenza di una recessione, potrebbe essere necessario un periodo prolungato di crescita inferiore al trend per frenare abbastanza l'eccesso di domanda. Pertanto, se da un lato l'attenuazione dell'inflazione e dell'aumento dei posti di lavoro indica che l'ultimo rialzo della Fed sarà probabilmente l'ultimo, dall'altro si sospetta che una svolta della Fed sia ancora lontana.