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Materie prime: mercati vicini a un superciclo?

Ci sono tutti i presupposti per un superciclo delle commodity. Lo sostengono gli esperti, che vedono tra i fattori di spinta la guerra, la rarefazione dell’offerta, la rigidità degli investimenti dei produttori, così come fenomeni quali la deglobalizzazione e la decarbonizzazione.

06/07/2022
matassa di rame, uno dei metalli più utilizzati nell'industria
Analisi sulle potenzialità del mercato delle materie prime

Lo sprint descritto negli ultimi mesi dai mercati delle commodity in generale potrebbe essere solo l’inizio di un superciclo, cioè un periodo prolungato caratterizzato da una crescita della domanda rispetto al ritmo dell’offerta. I presupposti ci sono tutti, visto che arriviamo da un mix di fattori che spingono verso un’unica direzione: dal panorama geopolitico internazionale (a cominciare dalla guerra in Ucraina) alle strozzature delle supply chain. Ad aggiungere ulteriore pressione sui prezzi contribuisce il fatto che, nonostante la robustezza della domanda, i produttori siano piuttosto riluttanti ad aumentare l’offerta. Ma a che punto siamo della fase di lancio? Secondo James Luke, gestore del fondo Schroder ISF Global Gold di Schroders, strutturalmente il mercato è ancora nelle prime fasi di un ciclo pluriennale.

L’incognita della Cina

Le ultime settimane sono state segnate da una forte instabilità. Da un lato c’è stato il ribasso del petrolio, così come i metalli hanno ripiegato dai massimi, e dall’altro lato la Cina incontra difficoltà per i lockdown. Allo stesso tempo, però, abbiamo visto i primi segnali di un potenziale picco degli indici manifatturieri nei mercati sviluppati. A tale contesto si aggiungono i timori per le conseguenze che avrà la riduzione della liquidità su tutti i mercati. Per questo, suggerisce il gestore, è meglio concentrarsi sui fondamentali. Dal punto di vista dei bilanci, per il 2022 e il 2023, ci sono ancora molti vincoli. Le scorte sono ancora molto basse nel settore agricolo e nei settori petroliferi, che sono in deficit, anche ipotizzando un calo della domanda. Inoltre, secondo Luke, i problemi cinesi nel controllo del Covid sono transitori.

Investire nella produzione di commodity non conviene più

Analizzando più da vicino l’andamento dei mercati delle materie prime spicca un’insolita staticità dell’offerta rispetto all’aumento dei prezzi e questo, secondo l’esperto, conferisce longevità a questo ciclo. Una delle ragioni principali di questo mancato adeguamento è legata al fatto che l’investimento in materie prime è diventato un’importante incognita a causa delle sue scarse credenziali ESG. In altre parole, spiega Luke, il contesto dei rendimenti è molto incerto. Gli investimenti nelle materie prime, in particolare nell’energia e nei metalli, hanno un ciclo molto lungo, circa 15-20 anni. Mentre gran parte degli esperti sostiene che la domanda di greggio crollerà entro 5 anni, con la transizione verso l’energia pulita, quale produttore quindi sarebbe disposto oggi a investire in asset considerati a rischio?

Le sanzioni contro la Russia si devono ancora sentire

Il tutto si poggia su un paradosso: per consentire la transizione energetica, sono necessarie enormi quantità di metalli di base, ma la loro produzione è ad alta intensità di carbonio mentre la capacità di usufruire di forniture pulite è limitata. Si tratta di un problema irrisolto, e riveste una parte importante della causa per cui gli investimenti rimangono bassi nonostante l’aumento dei prezzi. Senza contare che al momento sul mercato non si è ancora sentito l’impatto delle sanzioni sulle forniture russe al mercato globale. L’esperto di Schroders pensa che l’embargo europeo avrà pieno effetto a fine 2022, con alcune concessioni per Paesi come l’Ungheria. Questo ridurrà in modo significativo l’offerta globale di petrolio. Non c'è modo, stima, di dirottare anche solo la metà di questa fornitura verso l’Estremo Oriente.

La Cina si concentra sul settore agricolo

Il ruolo della Cina nei mercati delle materie prime oggi è molto diverso dal superciclo del 2002/2005. Allora il Paese era un esportatore netto di quasi tutte le commodity e stava diventando un massiccio importatore di metalli, aumentando anche lentamente l’import di greggio. Sarebbe un errore aspettarsi ora un’impennata dell’import da parte di Pechino. Sebbene la Cina non vedrà un altro punto di flesso come quello visto negli anni 2000 per i mercati dei metalli, potrebbe però giungere a una situazione simile nei mercati agricoli. Le ragioni secondo il gestore sono chiare: trend di produzione interna molto problematici e un aumento del consumo pro-capite. Luke ritiene che il Governo si stia quindi concentrando in maniera mirata sull’accumulo di scorte di prodotti agricoli e di altre commodity, dato il quadro esterno.

Le spinte dalla deglobalizzazione e dalla decarbonizzazione

Ad alimentare le spinte rialziste delle commodity contribuiscono anche due fenomeni. Il primo la deglobalizzazione, destinata a creare catene di approvvigionamento molto più complesse, il che significa che per alcune aziende sarà più difficile avviare nuovi progetti (la guerra ne è stato un campanello di allarme). Il secondo è la decarbonizzazione, che si inserisce direttamente nel concetto di greenflation, con il forte rincaro dei materiali usati nella creazione di tecnologie rinnovabili. Dal punto di vista ESG, questa presenta anche sfide (a meno che non si disponga della fonte di energia più ecologica in assoluto) per ottenere dalle banche finanziamenti per questo tipo di progetti. Anche qui, fa notare l’esperto, c’è un paradosso: mentre la domanda di metalli necessari per i veicoli elettrici o le turbine eoliche esplode, la produzione di questi materiali diventa più difficile a causa proprio dell’aumento dei costi legati all’emissione di carbonio.

A cura di: Fernando Mancini

Parole chiave:

materie prime schroders superciclo
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